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Recensione: La creazione

LA CREAZIONE

di Edward O. Wilson, Adelphi, pp. 198, Euro 19,00


Darwin formula la sua teoria sull’origine delle specie in un periodo storico in cui si ignoravano ancora le leggi dell’ereditarietà (scoperte da Mendel), il codice genetico e lo stesso DNA, tutta la citologia e l’anatomia moderna, la fisiologia che studiano i nostri medici e, soprattutto, la vastissima e complicatissima biochimica cellulare. L’essere vivente ci appare oggi - sui nostri testi scolastici - come “una complessità irriducibile”, ovvero come un sistema che svolge un insieme di funzioni che non sono né prevedibili né incluse nei “pezzi” di cui è composto. La ragione rifiuta spiegazioni affidate al “caso”, in biologia così come in ogni campo dell’attività umana, e riconosce invece che il mistero, oggi, dopo tutte le scoperte scientifiche che conosciamo, si è fatto più fitto di prima. Si dice che solo lo 0,5% del DNA ci separi dalla scimmia: dove cercare allora la fonte del nostro linguaggio, della nostra intelligenza, dell’arte, della civiltà, dell’autoironia, della coscienza e del senso religioso, che ci fanno così diversi e così unici nell’Universo?

Interrogarci su di noi, essere umani, e sulla nostra “diversità” rispetto alle altre forme viventi che abitano la Terra - senza le quali non potremmo sopravvivere - significa riflettere sull'origine delle specie e, sempre di più, sulla loro evoluzione e sulla direzione che imprimeremo al futuro che condivideremo con loro.

Ma l'umanità, prigioniera della propria strategia arcaica della sopravvivenza a breve termine, è ancora troppo concentrata su se stessa e sui propri bisogni, e sta distruggendo la natura con la forza di un meteorite.

Entro la fine del secolo, metà di tutte le specie potrebbero essere definitivamente uscite di scena: la causa di questo inarrestabile declino della biodiversita' della Terra, spiega Wilson, é nel acronimo HIPPO, ovvero Habitat loss (perdita di habitat), Invasive species (specie aliene dannose, ovvero importate in alcune zone e che ne sostituiscono altre), Pollution (Inquinamento), Population (sovrappopolazione), Overharvesting (sfruttamento eccessivo mediante caccia pesca e raccolta). Non sfuggirà che questi fattori spesso si combinano, a volte sono uno conseguenza dell'altro e tutti sono riconducibili all'uomo.

Siamo alla fine del gioco e il più grande degli entomologi viventi, Edward Wilson, scienziato rigoroso e appassionato, ci porta per mano alla scoperta di ciò che molti di noi non sanno per ignoranza o fingono di non sapere: i costi materiali e spirituali per le generazioni future rischiano di essere sbalorditivi, ma a scongiurare tutto questo non bastano mere considerazioni utilitaristiche.

Per risultare realmente efficace, la strategia di conservazione deve tentare di collegare l'approccio razionale tipico della scienza con quello più emotivo e spirituale offerto da un risveglio generale delle coscienze in ogni parte del globo che coinvolga uomini di nazioni diversi per razza, condizioni di vita, pensiero, religione.

La religione, appunto. Non a caso Wilson utilizza l'escamotage narrativo di iniziare e condurre sino alla conclusione il suo libro nella forma di una lettera indirizzata a un immaginario uomo di chiesa, nella fattispecie un pastore della Chiesa Battista e lo invita a riporre le reciproche convinzioni sull'origine del pianeta in nome della sua salvezza. Un incontro al di qua della metafisica tra le forze più potenti del mondo d'oggi, religione e scienza.

Qual è il terreno comune di incontro? L'attenzione e la cura della vita, rammenta Wilson nel capitolo conclusivo, l'unico fine che possa giustificare una "santa"alleanza tra chi ritiene che Dio abbia creato il mondo e chi pensa che la vita è sorta da sola attraverso le mutazioni casuali e la selezione naturale di molecole codificanti l'informazione. Questo appello è l'essenza di un lucido e appassionato saggio che ha il pregio di rivolgersi insieme alla mente e al cuore degli uomini.
"Propongo di mettere da parte- suggerisce Wilson- ciò che ci separa per salvare insieme la Creazione. La difesa del vivente ha un valore universale. Non sorge da dogmi religiosi o ideologici né li promuove, ma serve gli interessi dell'intera umanità, senza discriminazioni".

Forse “La creazione” non servirà a convertire il reverendo cui e' indirizzata alla fede evoluzionista ma, se fosse adottato nelle scuole di ogni ordine e grado, potrebbe davvero fare...miracoli.

 

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Recensione: Ambiente urbano


AMBIENTE URBANO – Introduzione all’ecologia urbana

di Giuseppe Gisotti, Dario Flaccovio Editore, pp. 515, Euro 40,00


La popolazione mondiale che vive in aree urbane è decuplicata in un secolo e oggi rappresenta oltre il 50% della popolazione totale, con quasi 500 città che superano il milione di abitanti (negli anni ’50 erano meno di 20!). Il processo coinvolge sia il Nord che il Sud del mondo con la differenza che, nel Sud del mondo le città si stanno costituendo a ritmi rapidissimi, e quindi ancor più insostenibili, e in dimensioni eccessive, mentre nel Nord del pianeta le città si sviluppano invecchiando nella popolazione, depauperando il patrimonio di storia e integrazione sociale di cui erano ricche, aumentando l’intensità d’uso delle risorse naturali.

Nelle città risultano quindi amplificati i problemi ambientali legati a modelli di consumo non sostenibili. Il peggioramento della qualità della vita nelle città in termini di inquinamento atmosferico, acustico, di carenza di spazi verdi, di degrado diffuso, ha spinto molte famiglie a trasferirsi in cerca di ambienti più vivibili. La “città diffusa” (la “Endless City”, oggetto recentemente di un progetto di ricerca multidisciplinare coordinato da R. Burdett e D. Sudjic), risultato di questi processi, si estende ad intere regioni per effetto della crescita delle frange periurbane e della loro saldatura.

Quando si parla di regione urbana, tuttavia, non ci si limita ad indicare il tessuto edificato, per quanto esteso possa essere, ma un bacino di risorse vitali: il complesso sistema ambientale nel quale si svolgono la maggior parte dei cicli legati al metabolismo della città stessa, metabolismo basato su un elevato consumo di risorse per usi industriali, commerciali e per il sostentamento della vita e su un’elevata produzione di residui e sostanze di rifiuto che determinano una forte pressione sulle risorse territoriali e naturali.

Questo volume (che fa parte della collana Sigea che si propone di favorire la divulgazione scientifica dei principali temi della geologia ambientale e di stimolare la conoscenza del territorio nei suoi aspetti fondamentali) vuole mettere in evidenza come la pianificazione urbanistica e ambientale, sia per le città in declino che per quelle in rapida espansione, richieda con urgenza un significativo contributo delle scienze ambientali: ciò sia per assicurare una migliore qualità della vita che per contrastare la minaccia di eventi catastrofici.

Il primo passo naturalmente è affrontare il sistema urbano sotto l'ottica dei suoi cicli bio-geo-chimici, analizzando i flussi di energia e di materia (il cosiddetto metabolismo urbano) per poi passare alle analisi della geologia e della biogeografia delle città.

L'intento è quello di mostrare non solo la struttura e le funzioni di un ecosistema sui generis quale è quello urbano, ma anche i processi antropici che portano all'inquinamento, alle malattie, ai danni patiti dal sistema urbano, e i modi per ridurre, attraverso una politica degli spazi verdi, della tutela degli habitat, del risparmio energetico, della accorta gestione della mobilità urbana, il pesante impatto sui cittadini del loro stesso stile di vita. Il volume si pone infatti come obiettivo l'approccio ecologico alla città – non a caso il suo sottotitolo è “Manuale per lo studio e il governo della città” - poiché il tentativo di applicare le leggi dell'ecologia al complesso sistema urbano deve essere un modo per cercare di migliorarlo: un "approccio integrato tra gli aspetti socio-economici e quelli ambientali" deve trasformarsi in "azioni di governo", non solo in "azioni speculative".

In ragione di questo scenario, oggi, le politiche ambientali internazionali sono guidate dalla convinzione che sia impossibile raggiungere un modello di vita accettabile in assenza di collettività che si ispirino a principi di sostenibilità e hanno individuato nelle città “la più ampia unità in grado di affrontare inizialmente i molti squilibri … e al tempo stesso la più piccola nella quale i problemi possono essere risolti positivamente in maniera integrata, olistica e sostenibile” (Carta di Aalborg, 1994) riconoscendole un ruolo fondamentale nel processo di cambiamento degli stili di vita e dei modelli di produzione, di consumo e di utilizzo degli spazi”.



 

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Recensione: Geografia del mare e della pesca


GEOGRAFIA DEL MARE E DELLA PESCA

di Fabiana Callegari, Mursia, pp. 287, Euro 22,00


Pur ricoprendo più di due terzi della superficie terrestre, solo negli ultimi 3 - 4 secoli il mare è solcato in modo continuo e con il preciso scopo di scoprirlo e raggiungere nuove terre da colonizzare. Con l'espansione dei traffici il mare è diventato il luogo d'incontro, più o meno pacifico, delle nazioni per cui a fronte della pratica si è resa necessaria una regolamentazione del suo uso.

Solo dagli anni ‘80 del XX secolo si è diffusa una maggiore consapevolezza internazionale dei problemi riguardanti le zone costiere, in quanto aree “sensibili”, in cui si concentrano attività spesso tra loro conflittuali ed in cui si registra un’eccessiva densità demografica. Turismo, acquacoltura, pesca, diporto nautico e porti turistici, trasporti marittimi e intermodali e connesse infrastrutture, sfruttamento di giacimenti petroliferi e minerari, proprietà pubblica e privata rientrano tra quei molteplici usi il cui sviluppo “irresponsabile” mina fortemente lo sviluppo sostenibile dell’ambiente costiero.

Pur esistendo, ovviamente, una molteplice varietà di zone costiere (diversamente caratterizzate, per esempio, dalla geografia del paese, dall’orientamento della costa, dal valore economico delle risorse costiere, dalla concentrazione della popolazione e delle infrastrutture e dal livello di sviluppo del paese), esse vanno comunque intese come sistemi interattivi mare-terra, dinamici e fragili, da tutelare attraverso l’elaborazione di più complete e approfondite tecniche di pianificazione e gestione in grado di affrontare, in modo complessivo ed integrato, i problemi dell’articolazione delle competenze istituzionali, delle possibili fonti di impatto sul territorio costiero e degli interventi necessari, soprattutto nel settore della pesca.

Questa funzione appare centrale se si considera che, come ampiamente denunciato da numerosi appelli della FAO, nonché da dati scientifici raccolti da diversi istituti di ricerca, il mare è soggetto ad uno sfruttamento che va oltre le sue capacità di riproduzione. Di conseguenza, le risorse marine si vanno sempre più depauperando e necessitano di un'attenta gestione, al fine di continuare a beneficiare del loro apporto all'alimentazione mondiale e al contributo economico e sociale che esse forniscono.

Già a partire dalla fine degli anni '80 è divenuto chiaro che le risorse della pesca non avrebbero potuto sostenere questo rapido e incontrollato sfruttamento. E' emersa, quindi, l'esigenza di ricercare nuovi approcci alla gestione della pesca comprendenti considerazioni ambientali e di conservazione. La necessità di raggiungere un equilibrio tra risorse biologiche e sforzo di pesca è stata colta appieno dalla FAO che, nel 1995, ha pubblicato il Codice di Condotta per la Pesca Responsabile il cui obiettivo ultimo è quello di salvaguardare il patrimonio di risorse biologiche per la sussistenza delle generazioni future , evitando il sovrasfruttamento delle risorse e assicurando il loro naturale rinnovarsi in armonia con l'ambiente. Il Codice riconosce l'importanza nutrizionale, economica, sociale, ambientale e culturale della pesca, tenendo conto degli interessi di tutti coloro che sono coinvolti nel settore.

Negli anni più recenti, sono stati fatti molti tentativi per sviluppare sistemi di gestione e di salvaguardia degli oceani e delle risorse ittiche. Ma come si sa, dal dire al fare…c’è di mezzo il mare!!

La recente crisi del settore della piccola pesca e i problemi legati all’overfishing causati dai metodi industriali adottati dalle grandi flotte rendono sempre più attuale e urgente un confronto internazionale sul tema del mare e della pesca. Allo stato attuale, come dimostrato da diversi studi il 44% degli stock ittici mondiali risulta sfruttato in modo intensivo o totale, il 16% è sovrasfruttato, il 6% esaurito e solo il 3% sta lentamente riprendendosi.

Questi chiari segni di sovrasfruttamento, accompagnati ai fenomeni di modificazione degli ecosistemi e alle significative perdite economiche che ne derivano, stanno mettendo in crisi la sostenibilità delle risorse ittiche e pongono una serie di interrogativi a cui questo volume cerca di dare una risposta, offrendosi al lettore come chiaro strumento di interpretazione della complessità che contraddistingue queste tematiche.



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Recensione: La Natura dà lavoro

LA NATURA DÀ LAVORO

di Francesco Petretti e Marta Visentin, Alberto Perdisa Editore, pp. 162, Euro 15,00


Quanto siano pressanti i problemi che riguardano l’ambiente e quanto sulla sua conservazione e modificazione influiscano i comportamenti dell’uomo sono i temi che rivestono, in questi ultimi tempi, una particolare importanza e che rappresentano anche una vera e propria emergenza di fronte alla quale è importante prendere decisioni e imboccare nuovi indirizzi.
Ne consegue che il futuro dell’economia e le nuove occupazioni che si possono sviluppare sulla scia di un nuovo modo di approcciare con l’ambiente sono davvero infinite: secondo gli esperti, il mercato ambientale sarà tra i ’’motori’’ trainanti nel mondo del lavoro del XXI secolo, una previsione che nell’ultimo decennio ha trovato conferma in Italia nel raddoppio del numero di occupati nel settore Ambiente.

Cambiano le richieste del mondo del lavoro e quindi aumenta anche le domanda di innovazione nel campo della formazione. Tra le nuove professioni emergono sempre di più quelle legate al territorio: è questo un filone formativo assolutamente nuovo, trasversale un po' a tutta l'offerta didattica soprattutto a livello universitario. Grazie a una vocazione che deriva sia dal territorio sia dalla tendenza ad innovare e a guardare al futuro delle professioni e dei mestieri: secondo gli ultimi dati Istat in Italia ci sono già 336mila “lavoratori verdi” ma il loro numero è destinato a salire per far fronte (purtroppo…) alle emergenze: gestire i rifiuti, risanare il suolo e le acque, abbattere i rumori, razionalizzare la mobilità.

Progettista di manufatti edilizi a basso impatto ambientale, manager di impianti di acquacoltura ecompatibili, tecnico della qualità nella filiera dei prodotti biologici, esperto di biotecnologie sostenibili. Sono queste alcune delle professioni che, in un futuro non troppo lontano, saranno tra le più richieste e necessarie in un’economia basata sullo sviluppo sostenibile.

Una recente ricerca dell’Isfol si è occupata di individuare le figure professionali innovative che ambiente e mercato richiedono per la costruzione di una società attenta, al tempo stesso, alle esigenze occupazionali e alla salute e al benessere di tutti, nonché alla tutela ambientale: ne sono così emerse almeno 38 “nuove” professioni in otto diverse aree di intervento: architettura a basso impatto ambientale, acquacoltura ecocompatibile di qualità, agricoltura biologica, biotecnologie sostenibili, difesa del suolo e utilizzazione delle acque, aree protette e turismo sostenibile, energie rinnovabili e gestione integrata dei rifiuti urbani.

Per ognuno di questi ambiti strategici, c’è bisogno di professionalità specifiche e innovative: per chi voglia intraprendere uno di questi “nuovi” lavori raccomandiamo di leggere questo libro che non è una raccolta di offerte di lavoro e di bandi di concorso, non è solo un elenco di indirizzi o è una guida all’università. È qualcosa di diverso: un piccolo compendio di informazioni e consigli per chi vuole fare di un serio e concreto interesse per il mondo della natura e dell’ambiente un’occasione di lavoro e di reddito. Un agile strumento di grande utilità ed efficacia per aiutare giovani dotati di tenacia, intelligenza e volontà a muoversi nel labirinto di studi, ordini professionali, società e cooperative, associazioni, e fare le scelte più idonee nel perseguimento dei propri obiettivi.

Questo libro è stato scritto per dare informazioni a chi si trova a dover scegliere la propria professione e desidera farlo, per interesse e formazione, occupandosi di natura e di ambiente. Oltre ad un insieme di riferimenti e ausili per muoversi nel complesso mondo di studi, ordini professionali, istituzioni e associazioni, si cerca di fornire anche qualche utile consiglio frutto dell’esperienza di reali “professionisti della natura”.

Il volume presenta le professioni necessarie per il mantenimento, la conservazione e la valorizzazione dell'ambiente naturale e umano, accanto a un'analisi delle aspirazioni e dei comportamenti di un gruppo di giovani che hanno frequentato corsi di formazione ambientale per diventare i futuri esperti del settore. Le problematiche ambientali e occupazionali considerate nel volume sono affrontate analizzando soprattutto la formazione e la professionalizzazione di chi lavora nel settore o aspira a farlo. Per cambiare le cose, e per trovare un'occupazione, non è sufficiente dimostrare una sensibilità ecologica e ambientale: è indispensabile acquisire strumenti di conoscenza, competenze scientifiche e tecniche perché le aspirazioni si concretizzino in azioni positive per l'ambiente, aiutando nel contempo il sistema economico, e noi stessi, a crescere. In particolare, occorre essere disponibili a un continuo aggiornamento, perché le condizioni dell'ambiente, le innovazioni scientifiche e tecnologiche e le regole cambiano continuamente.

Lavorare per l'ambiente, come bene evidenziano gli esperti più acuti e consapevoli, significa soprattutto lavorare per noi: rendere vivibili le città, respirabile l'aria, migliorare la qualità della vita. Adatto anche per coloro che non intendono intraprendere queste nuove professioni, il volume sottolinea come ciascuno di noi, indipendentemente dal tipo di professione svolta, sia chiamato a lavorare per l'ambiente e come gli atteggiamenti di rispetto ambientale, lungi dall'essere ristretti in un ambito specialistico e professionale, debbano essere trasversali a ogni intervento umano: l'ambiente è di tutti, tutto è ambiente e tutti siamo responsabili del mondo in cui viviamo.



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Recensione: Un mondo sbagliato


UN MONDO SBAGLIATO
Storia della distruzione della natura, degli animali e dell'umanità

di Jim Mason, Edizioni Sonda, pp. 464, Euro 19,50


L’autore, avvocato americano, è impegnato nella denuncia della condizione degli animali nella nostra società a partire almeno dal 1980, da quando cioè ha pubblicato (insieme a Peter Singer) Animal Factories, una delle prime denunce rigorosamente documentate dell’orrore degli allevamenti intensivi.

In questo libro Mason approfondisce il suo sguardo sulle pratiche di sfruttamento degli animali evidenziandone le origini storiche dell’attuale disastro sociale ed ecologico in cui siamo immersi.
Al centro del volume
è infatti l’analisi delle radici storiche e culturali della credenza occidentale secondo cui Dio avrebbe conferito all’uomo/maschio il dominio assoluto sull’intero creato.

La riduzione in schiavitù degli animali a fini bellici o per l’allevamento ha lacerato il senso di fratellanza che l’essere umano ha da sempre provato nei confronti degli altri animali, permettendo così la nascita di una cultura alienata dalla natura. Si è così alterato profondamente il nostro rapporto con essa, con noi stessi e soprattutto quello con gli altri animali, di cui abbiamo bisogno “come compagni, come stimolatori di empatia e cura, come strumenti per alimentare e plasmare la nostra mente e come parenti che ci ricordino la nostra vicinanza al resto del mondo vivente”.

Mason non è né il primo né l’unico a individuare nell’ideologia del dominio la chiave dei mali attuali, ma è uno dei pochi che è stato in grado di fornirci una ricostruzione storica dettagliata, plausibile ed estremamente convincente di come tale ideologia possa essersi formata, attingendo a una vasta serie di riferimenti presi dai campi più disparati (dall’antropologia alla storia, dalla geografia all’eco-femminismo, dai miti classici alla critica della cultura).

L’autore ci dimostra che tale isolazionismo ha comportato perdita di consapevolezza, incapacità di rispettare la natura e assenza di controllo sulle nostre derive distruttive: è proprio il nostro modo di vedere e considerare gli animali che sta alla base dell’attuale crisi ambientale e della relazione tra questa e le altre forme di oppressione sociale: la guerra, la violenza sulle donne e la riduzione in schiavitù di altri uomini.

Proprio perché Mason è convinto che il mondo che abitiamo non sia necessariamente malvagio, ma più semplicemente sbagliato, è la “speranza” a costituire l’”ossatura” del suo libro.

La constatazione che sono storicamente esistiti sistemi di organizzazione sociale non basati sulla gerarchia e sull’oppressione, dimostra che non siamo condannati da una qualche forza sovraumana (che siano i geni di un volgare riduzionismo biologico o il destino di un altrettanto paralizzante spiritualismo) a essere quello che siamo.

Il che non equivale all’aspirazione ad un impossibile ritorno al passato, ma alla impellente necessità, per i nostri arsenali culturali, di un preciso progetto di smantellamento degli infiniti meccanismi di dominio che permeano da secoli la società umana.




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Progresso


   Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l’umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell’insieme, da lontano.[…] Ogni movente di cotesto lavorìo universale, dalla ricerca del benessere materiale alle più elevate ambizioni, è legittimato dal solo fatto della sua opportunità a raggiungere lo scopo del movimento incessante; e quando si conosce dove vada questa immensa corrente dell’attività umana, non si domanda al certo come ci va. Solo l’osservatore, travolto anch’esso dalla fiumana, guardandosi attorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvegnenti, i vincitori d’oggi, affrettati anch’essi, avidi anch’essi d’arrivare, e che saranno sorpassati domani. ”  Giovanni Verga (1840-1922)

  Il progresso, che indica un mutamento nel tempo di un sistema (sociale, economico, tecnologico, politico), ha  da sempre caratterizzato la storia dell’uomo e creato attorno a sé concezioni e ideologie differenti. In genere per progresso si intende l’evoluzione della società verso condizioni di vita e di civiltà sempre più avanzate e adatte a soddisfare i bisogni fondamentali dell'uomo. Nella sua forma classica, il concetto di progresso è stato elaborato soprattutto dal pensiero illuministico, dal positivismo e, con originali formulazioni, dalla dottrina marxista della storia.


 

Materiali sulla storia del progresso (economico) e della sua idea:

 

http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_221501423/Progresso.html

 

http://ulisse.sissa.it/biblioteca/saggio/2003/Ubib030901s001

 http://www.altronovecento.quipo.it/numero1saggi3.html 

Il progresso tecnico in economia è definibile genericamente come il processo di acquisizione di conoscenze ed abilità che espande l'insieme dei beni in astratto producibili, finali e intermedi, e/o l'insieme delle tecniche di produzione conosciute, migliorando così l'efficienza produttiva delle dotazioni dei fattori produttivi.Una classificazione generalmente fatta in economia è quella tra progresso tecnico:

    incorporato (embodied technical change), cioè derivante dal miglioramento della "qualità" di un fattore. Ad esempio, l'invenzione e la messa in produzione di un nuovo telaio meccanico che aumenta la produttività nel tessile, oppure un aumento del livello medio di educazione della forza lavoro; 

    scorporato (disembodied technical change), cioè non incorporato in alcun fattore produttivo ma derivante genericamente dall'insieme di conoscenze atte a combinarli nel processo produttivo. In ambito neoclassico, il progresso tecnico è visto come un cambiamento della tecnologia, cioè l'insieme delle tecniche produttive conosciute, e modellizzato come uno spostamento (shift) verso l'alto della funzione di produzione.

In questo distinto da spostamenti "lungo" la funzione, che possono aumentare l'output attraverso aumenti dei fattori impiegati. 

http://it.wikipedia.org/wiki/Progresso_tecnico 

Per progresso sociale si intende il miglioramento delle condizioni di vita per una parte crescente della popolazione. Dai tempi della Grecia classica ai giorni nostri si sono alternati diversi punti di vista sul progresso che sono oscillati, in generale, tra l'incondizionata fiducia nelle potenzialità della scienza e della tecnica - che avrebbero reso più semplice e serena la vita dell'uomo - e, all'opposto, la visione del progresso come di un deterioramento della comunità a partire da una originale età dell'oro. 

http://it.wikipedia.org/wiki/Progresso_sociale

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