Il Festival della maldicenza

La maldicenza é un costume, una sottile vocazione, un “venticello” qualcuno ha detto: per fortuna é praticata solo da pochi, i frustrati da una vita nient’affatto soddisfacente. Il maldicente di vocazione soffre di una forma di celata depressione, é pervaso da una ansia continua nel misurar se stesso con gli altri, i propri figli con quelli degli altri e, se i conti non tornano, senza scrupolo alcuno, calunnia l’antagonista, il “gastone” di turno, spesso solo ipotetico. La sua segreta speranza é quella di soverchiarlo, o almeno, di “livellare” le fortune. Molti ambiti sociali soffrono di questo male. A che cosa addebitare il fenomeno? All’insuccesso molto spesso generato da mediocrità d’impegno, a cui per contro corrispondono smodate ambizioni.

Nel lontano 1777 il drammaturgo inglese Richard Brinsley Sheridan (nato in Irlanda nel 1751), nella sua commedia “A scuola di maldicenza” mise alla berlina questo vizio umano: protagonista della commedia è il parlarsi addosso, il parlare male degli altri, il parlare a tutti costi. La rappresentazione di questo mondo artificioso, fatto di “furbi” senza morale, carnefici del loro prossimo dopo esserne stati vittime, lanciati nella calunnia come unico scopo di vita, viene nella commedia di Sheridan accompagnata da momenti di sofferenza umana che la sollevano dalla “commedia di costume” e la avvicinano ai più grandi esempi classici. Per molto tempo si è pensato che la commedia fosse troppo legata al mondo anglosassone per poter essere esportata con successo all’estero, tanto che non è mai entrata a far parte del repertorio dei classici più rappresentati nel teatro italiano. Ma oggi che il termine nostrano di maldicenza si è “anglicizzato” in "gossip" sembra che anche il suo significato sia mutato: è ormai certo che la maldicenza da vizio è diventata una virtù che spopola ovunque anche da noi.

A questo punto qualcuno a pensato anche di nobilitare l’arte della maldicenza: da qualche anno si tiene a L'Aquila ”Pianeta Maldicenza”, un convegno/festival per ricordare e celebrare l'antico costume cittadino di parlare liberamente, coraggiosamente e francamente di tutto e di tutti nel giorno di Sant'Agnese. Il convegno si articola in tre pomeriggi teatrali, nei quali sono presentati al pubblico, alla giuria artistica e alla giuria popolare componimenti in poesia e prosa, lingua e vernacolo su questioni d'interesse cittadino: si "dice il male", non "si dice male", in un clima di satira mordace mai pettegola, mai diffamatrice, mai calunniatrice.

Peccato che il festival della maldicenza “buona” duri solo tre giorni… Per gli altri 362 saremo condannati a sorbirci i “salotti” televisivi o le riviste “scandalo” che ci svelano segreti, intimità, menzogne, risse, intrighi, volgarità di ogni genere.

Informazione di base:

https://it.wikipedia.org/wiki/Festa_di_Sant%27Agnese_e_delle_Malelingue