• Ambiente

    Ambiente

    Environment

  • Agricoltura

    Agricoltura

    Agriculture

  • Salute

    Salute

    Health

  • Diritti Umani

    Diritti Umani

    Human Rights

  • Nutrizione

    Nutrizione

    Nutrition

icone agricol

icone NUTR

icone salute

icone DIRITTI

icone ambiente

icone VIDEO

Via della Volta Buia 45 (Viterbo) - Una lunga storia

Il Monastero delle Convertite e il Conservatorio del Buon Pastore

Tratto dal libro di Mauro Galeotti: "L'illustrissima Città di Viterbo", Viterbo 2002

 http://x-fly.blogspot.com/2012/10/a-viterbo-chiesa-di-santa-maria.html

 

Nel 1583 la Confraternita della Misericordia propose di fare un Monastero per le Convertite. Tre anni dopo, per volontà del frate cappuccino Anselmo, predicatore, furono prese provvisioni per fondare il monastero.

Il frate affermava che la fondazione era necessaria «per le anime in manifesto pericolo di dannatione e che non possono togliersi dal peccato per non aver luogo di rifugio».
A seguito di ciò il Comune predispose l’utilizzo di cinquecento scudi per acquistare una casa per tale fine.

Diversi beni vennero lasciati nella seconda metà del ‘500 per raggiungere lo scopo. Ad esempio, nel 1587, Fulvia Bernardini lasciò erede dei suoi averi il Monastero delle Convertite, a patto che la costruzione per le religiose venisse eseguita entro un anno, se ciò non fosse avvenuto avrebbe fatto l’offerta alle Confraternite di santa Maria Maddalena o del santissimo Sacramento.

Il 7 Maggio 1629, a mezzo testamento, il viterbese Federico Paoloni dispose che i suoi possessi, del valore di oltre dodicimila scudi, dovessero essere impiegati per la costruzione del monastero e che l’utilizzo dovesse avvenire entro due anni. A gestirli fu incaricato il cardinale Tiberio Muti, che ricopriva la carica di vescovo di Viterbo.

I Paoloni secondo Mario Signorelli avevano lo stemma: d’argento, a sei losanghe d’azzurro. Ma da una serie di disegni di stemmi settecenteschi, conservati nella Biblioteca degli Ardenti, lo trovo disegnato differentemente: alla colomba con in becco un rametto d’ulivo, tenente sotto le zampe un ramo.

Vedi link - http://www.gentedituscia.it/paoloni-famiglia/

 

La costruzione del monastero iniziò, acquistando Casa Spreca, grazie anche ad un lascito del vicario Accorsini, disponendo quale esecutore il Comune. I priori del Comune avevano proposto di usare i beni del Paoloni per il Seminario o per la costruzione di un monastero delle zitelle sperse, ma a ciò si oppose il pontefice che volle fossero rispettate le volontà del defunto benefattore.

Il 2 Settembre 1631 fu consacrata la Chiesa di Santa Maria Egiziaca, che vide il compimento col monastero, grazie anche al vescovo Muti, il quale nella sua qualità di esecutore testamentario, acquistò, tra l’altro, un giardino dotato di fontana e alcuni locali. In seguito papa Urbano VIII, il 5 Maggio 1632, approvò la fondazione del monastero e per dirigerlo vennero, da san Giacomo in Roma, Cesarea Gavardo e Alfonsina Vannuzzi.

Al termine della costruzione il vescovo Muti vi inserì cinque novelle monache più due anziane, provenienti da Roma, e, il 22 Giugno 1632, il monastero fu inaugurato.

Leggo dalla Gazzetta di Viterbo del 28 Settembre 1872:
«Da quel tempo [1632] sino ai giorni del cardinal Bedini furono le così dette Convertite un carcere sussidiario della curia vescovile: in quel luogo si rinchiudevano senza forma di giudizio le giovinette, e le donne, che la curia, sotto forma di costume credeva opportuno rinchiudervi, e ve le lasciava sino al giorno che ad altre conveniva dar posto.
Il cardinal Bedini credette opportuno deviarne anche più l’istituzione, e chiamatavi la congregazione delle suore del Bambin Gesù, non più come a mente del testatore fu un asilo assoluto di carità, ma divenne un monastero dedicato alla istruzione elementare donnesca. Se l’insegnamento fosse stato gratuito per le figlie del popolo non potrei fare a meno di porgere un elogio a quel porporato; ma fu ed è altrimenti: l’istruzione pubblica fu ed è rimunerata, ed il cardinal Bedini tolse ai poveri l’eredità di Federico Paoloni».


Lo stesso anno venne concesso dal Comune il ricasco dell’acqua della Fontana di san Giovanni, nell’attuale Piazza Dante Alighieri.

Filippo Mancini, nel 1640, concesse alle convertite cento scudi, di ciò aveva già dato disposizione la serva di Federico Paoloni, Marzia. Ancora lasciti furono concessi nella metà del ‘600. Ottavio Closi donò, nel 1652, trentasei giulii all’anno alle Convertite sue vicine. L’anno seguente Menica di Acquapendente lasciò parte dell’eredità e, nel 1656, Ottavio Closi, scrive lo storico Giuseppe Signorelli, «lascia alle Convertite una stalla sotto l’arco che appoggia alla casa del Monastero delle Convertite».

Il cardinale Raniero Felice Simonetti, morto il 20 Agosto 1749, lasciò disposto che fossero concessi mille scudi in favore delle Convertite.

Stefano Camilli, nel 1840, scrive:
«E’ destinato un locale col titolo di “Ospizio delle Zitelle sperse” alle fanciulle di oneste famiglie mancanti di genitori, e della sorveglianza de’ Congiunti.Ivi ricevono asilo, alimento, ed istruzione corrispondente alla loro condizione».

Su domanda del cardinale Bedini, papa Pio IX il 1° Agosto 1862 ridusse il monastero a casa di correzione per le donne e, il 2 Novembre 1864, fu aperta nel monastero, la scuola esterna delle fanciulle, sotto la direzione delle monache del Buon Pastore, progettata dal vescovo Gaetano Bedini (1861 - 1864) e attuata dall’amministratore apostolico Antonio Maria Pettinari (1864 - 1866).

Il Conservatorio del Buon Pastore, fu detto anche delle povere traviate o delle Convertite.
Nel 1869 la chiesa, a spese dell’arcidiacono Giovanni Cristofori, fu restaurata e per ricordo fu scolpita l’epigrafe posta sulla porta:

 

Domum hanc solitudinis
altare fornice et corona extructis
aere suo ampliavit / decoravit
rmus Ioannes Christophorus archidiac. Viterbien.
A.R.S. MDCCCLXIX
sorores de Bono Pastore
grato animo posuere.


Nel 1874 il Regio Demanio prese possesso del monastero conservando l’Opera Pia.
Vi era un quadro raffigurante il Transito di santa Maria Egiziaca di Marco Benefial (Roma 1684 - 1764), riferibile al decennio 1720 - 1730, già posto sull’altare maggiore, ed oggi al Museo civico.

Vedi link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Marco_benefial,_morte_di_s.m._egiziaca,_dal_conservatorio_del_buon_pastore,_1720-30_ca.jpg

La Gazzetta di Viterbo del 29 Novembre 1873 riferisce che nella chiesa era «Un quadro rappresentante la morte della santa, di molto pregio - Si crede sparito.Ma non sarebbe difficile rinvenirlo, tanto più quando fosse una garanzia della pensione delle monache.Vi si penserà».

Giuseppe Ferdinando Egidi nella guida della città del 1889 scrive che ivi era il «Conservatorio delle Fanciulle Povere» che «Accoglie le giovani povere pericolanti; è amministrato dalla Congregazione di Carità, e diretto dalle Suore dette del Buon Pastore».
Andrea Scriattoli scrive (1915 - 1920) che nel monastero vi erano vari affreschi, eseguiti nella metà del secolo XVII, alcuni dei quali raffiguravano: la Fede, la Verginità e la Carità.

Vi era raffigurato, in un interno, lo stemma della famiglia Spreca, la quale, nei pressi, aveva la residenza: d’azzurro, alla fascia di rosso accompagnata da tre pigne d’oro, due in capo e una in punta.

 

* * * * *

Stemma Famiglia Spreca

 

Famiglia Spreca, Viterbo, avevano un palazzo in via Santa Maria Egiziaca, Famiglia nobile originaria di Viterbo, documentata a partire dalla prima metà del sec. XV con il capostipite Giovanni di Paolo, detto Spreca, che nel 1428 ricopriva la carica di priore. Coniugato con Andreina Fajani, ne ebbe Domenico e Antonio, dai quali discesero rispettivamente il ramo di Viterbo, estintosi al termine del sec. XVII, e quello di Vallerano, fiorito in questa località fino alla metà del sec. XVIII e successivamente trasferitosi nella città di origine e, in epoca recente, in Milano e Roma. A Domenico, priore in patria nel 1458, si deve in particolare la realizzazione nella chiesa di S. Maria della Verità della cappella di S. Sebastiano (dove lo commemorava una tavola dipinta), che venne adibita a cappella di famiglia. La linea viterbese ebbe personaggi di spicco in Sebastiano, figlio di Domenico e di Margherita Tignosini, protesoriere del territorio, coniugato con Livia Capocci, tra la cui prole si segnalò Paolo, che nella città rivestì numerose cariche pubbliche, quali quelle di commissario per il sussidio (1545-1550), vice tesoriere del Patrimonio (1547-1550), doganiere della Provincia del Patrimonio (1549). Nel 1547 acquistò la tenuta di Campo Villano, ubicata nel territorio di Tuscania e nel 1552 la mola di Celleno e altre proprietà vicine; nel 1555 fu imprigionato a Castel S. Angelo con l’accusa di avere fomentato tumulti contro l’autorità pontificia, riottenendo la libertà dietro pagamento di 3000 scudi. Figure di rilievo furono anche Girolamo e Cesare, fratelli di Paolo, il primo notaio e il secondo banchiere e priore nel 1569, mentre per gli anni successivi sono citati tra gli altri Antonio, figlio di Girolamo, laureato in utroque iure, priore (1577, 1586), cancelliere comunale (1590) e governatore dell’Ospedale Grande degli Infermi di Viterbo (1630); e la figlia che questi ebbe da Virginia Firenzuoli, Sulpizia (1588-1638), la quale nel 1634 fece un lascito di 3000 scudi per la costruzione della chiesa dei SS. Teresa e Giuseppe. Menzione va fatta anche di due dei figli avuti dal cavaliere di Malta Orsino (m. 1610): Felice (m. 1621), andata in sposa il 27 ago. 1598 a Giulio Arenghi di Firenze e in seconde nozze ad Alessandro Brugiotti di Pietro di Vetralla, che alla morte la seppellì nella chie­sa del Carmine di questa cittadina; e Sebastiano (batt. 26 maggio 1591), investito cavaliere di S. Stefano il 26 apr. 1606 a Orvieto, conservatore del Comune di Viterbo all’epoca della costruzione del portico nel palazzo comunale (1632, iscrizione ivi). Il ramo valleranese degli Spreca iniziato dal già citato Antonio, priore di Viterbo nel 1474 e quindi trasferito in questa località, dove rivestì la stessa carica nel 1575 e nel 1576, proseguì con il figlio Giovanni, cancelliere del Comune nel 1578, diramandosi con i suoi discendenti in varie linee; la famiglia venne reintegrata nella nobiltà viterbese nel 1777 con Antonio (m. 1817), canonico della cattedrale di Viterbo, e Lorenzo, che il 15 apr. 1770 acquistò nella città un palazzo ubicato nella parrocchia di San Sisto. Tra gli ultimi membri illustri della famiglia vanno ancora citati il cavalier Raimondo (n. 1° giu­gno 1788), presidente dell’Accademia degli Ardenti nel 1812 e ancora nel 1838, e – appartenenti al ramo trasferitosi a Roma e qui tuttora fiorente – Nando (1899-1920), medaglia d’oro al valore mi­litare, e Italo, disperso in Russia nel 1942. 

BIBL. – Signorelli 1968, pp. 168-169; Spreti, VI, p. 438; An­geli 2003, pp. 507-510, 861-863. [Scheda di Marina Bucchi – Ibimus] Gente di Tuscia Categories: Famiglia, XV, XVI, XVII, XVIII, XIX, XX, Vallerano, Viterbo, BIOGRAFIE

* * *

Via Santa Maria Egiziaca Viterbo

Vi si arriva da Via del Teatro del Genio e da via della Volta Buia. La via è dedicata a questa santa egiziana. Lungo la via da vedere un arco, una casa ponte, la scritta all'entrata della ex Chiesa Santa Maria Egiziaca " Ego Sum Pastor Bonus", oggi la ex chiesa è adibita a palestra, anno 2023, palazzo e Stemma Spreca, da dove sono stati trafugati e poi restituiti dopo le indagini della polizia i 14 dipinti delle virtù, 'stemmi famiglia Paoloni e della famiglia Pace o Paci, ed una scritta a via Santa Maria Egiziaca 21.

 

Santa Maria Egiziaca

Nacque in Egitto ad Alessandria, nel 344 circa, e morì nel 421 circa, fu monaca ed eremita, è venerata come santa sia dalla Chiesa cattolica, che da quella ortodossa e da quella copta. Della sua vita abbiamo notizie da Sofronio, vescovo di Gerusalemme, ma di dubbio valore storiografico, l’unico dato storico è l’esistenza di una tomba di una santa eremita di nome Maria, presente dal V secolo nell’entroterra palestinese. Maria fuggì dalla propria casa all'età di dodici anni abbandonandosi ad una vita dissoluta e guadagnandosi da vivere elemosinando e facendo la prostituta, anche se nella sua Vita si racconta di come spesso rifiutasse i soldi offerti per i propri favori sessuali. All'età di ventinove anni incontrò ad Alessandria un gruppo di pellegrini che si stavano imbarcando per Gerusalemme e, spinta dal desiderio di lasciare l'Egitto per visitare nuove terre, s'imbarcò con loro, seducendoli uno dopo l'altro. Una volta arrivata nella città, durante il giorno della festa della croce fu impedita dal recarsi insieme ai suoi compagni nella Basilica da una forza che la tratteneva. Resasi conto del motivo di quell'impedimento, si mise a pregare davanti all'icona della Madre di Dio e solo dopo riuscì ad entrare e ad adorare la Croce di Gesù. Uscendo, pregò nuovamente davanti alla stessa icona della Madre di Dio e sentì una voce che le disse “se attraverserai il fiume Giordano, ritroverai quiete e beatitudine”. Sentitasi quindi chiamata presso il fiume Giordano, vi si recò e, pentitasi della propria esistenza dissoluta, si immerse nelle sue acque per purificarsi, ricevendo in seguito la comunione eucaristica nella basilica di san Giovanni Battista, allora sita sulle rive del fiume. Da quel momento viene raccontato che Maria iniziò un lungo cammino di penitenza per il deserto. Il suo errare solitario durò quarantasette anni, durante i quali si nutrì solo con l'erba che trovava sul suo cammino. Zosimo, monaco di un monastero palestinese, la incontrò durante un analogo pellegrinaggio da lui intrapreso per il periodo quaresimale. Secondo le parole di Sofronio, trovò innanzi a sé una donna molto magra, nuda e con lunghi capelli bianchi come la lana. Acconsentendo a parlare con il monaco dopo essersi fatta consegnare da lui un mantello per coprirsi, Maria raccontò a Zosimo le circostanze che l'avevano portata a quel lungo pellegrinaggio e, per la seconda volta dall'arrivo in Palestina, ricevette l'Eucaristia. Zosimo lasciò Maria promettendo di ripassare da lei nello stesso luogo l'anno successivo. Il monaco tornò, come aveva promesso, trovando però la santa morta, con indosso lo stesso mantello che le aveva donato l'anno precedente. Leggenda vuole che la sua tomba fu scavata da un leone con i suoi artigli. A Santa Maria Egiziaca si rivolgono le prostitute.

 * * *

Ex Chiesa S. M. Egiziaca

https://www.fredlynch.com/blog/2016/12/18/the-new-shrine

Tratto da: Istoria della città di Viterbo (pg. 469)
di Feliciano Bussi (1742)

https://books.google.it/books?id=edbvAAAAMAAJ&pg=PA469&lpg=PA469&dq=via+santa+maria+egiziaca+viterbo&source=bl&ots=CBuoTEL6hv&sig=ACfU3U1n70YETkDbqRDjbYe5GHUwQkrDbw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiHooyU7OaEAxV0BNsEHe6oCTU4eBDoAXoECAQQAw#v=onepage&q=via%20santa%20maria%20egiziaca%20viterbo&f=false

Si legge a pg. 67:

(…) Il Monistero e la Chiesa di S. Maria Egizziaca delle Moniche Convertite, che vivono sotto la Regola di S. Agostino, e sono in esso per ordinario 20. Moniche. (…)

https://books.google.it/books?id=edbvAAAAMAAJ&pg=PA469&lpg=PA469&dq=via+santa+maria+egiziaca+viterbo&source=bl&ots=CBuoTEL6hv&sig=ACfU3U1n70YETkDbqRDjbYe5GHUwQkrDbw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiHooyU7OaEAxV0BNsEHe6oCTU4eBDoAXoECAQQAw#v=onepage&q=via%20santa%20maria%20egiziaca%20viterbo&f=false

Esterno ed Interno della Chiesa sconsacrata di Santa Maria Egiziaca. Dal 2023 qui vi è la sede di una Palestra:

http://www.annazelli.com/viterbo-via-santa-maria-egiziaca-centro-storico.htm

Presso Il Ministero dell’Interno, consultando il sito dedicato all’Archivio Digitale del Fondo Edifici di Culto:

https://archiviodigitalefec.dlci.interno.it/fec/

è possibile consultare la pagina dedicata al:
 
Monastero [femminile] del Buon Pastore [e Santa Maria Egiziaca]. Viterbo. Roma [prov. attuale Viterbo]:

https://archiviodigitalefec.dlci.interno.it/fec/documenti/detail/IT-FEC-ST0001-004483/4980-monastero-femminile-del-buon-pastore-e-santa-maria-egiziaca-viterbo-roma-prov-attuale-viterbo.html?currentNumber=8038&startPage=8022

*

Nel Chiostro della Chiesa di Santa Maria Egiziaca (via della Volta Buia 58) si è svolta questa manifestazione:

https://comune.viterbo.it/wp-content/uploads/2023/07/Molti-Volti-Giornata-del-rifugiato-copia.pdf

 

* * *

 

Palazzo Spreca

E’ una costruzione gentilizia che purtroppo versa in uno stato di abbandono, importanti sono gli affreschi di palazzo Spreca, che furono staccati illegalmente e messi in vendita da un antiquario, poi recuperati dalla Procura della Repubblica di Viterbo.

Nel 1910 il demanio del Fondo per il Culto cedette al Comune di Viterbo, chiesa, monastero e annesso Palazzo Spreca che ormai faceva parte integrante del monastero stesso, con l'obbligo di conservare caratteri artistici e monumentali. Nonostante ciò la chiesa e parte del monastero, compreso il Palazzo Spreca, vennero ceduti a privati, anche se tale vendita fosse proibita per uso privato.

Inizia così una storia allucinante con la trasformazione della chiesa in una palestra, abbattendo il soffitto, del monastero in abitazioni, una fontana fu asportata, gli affreschi strappati dalle pareti del salone del Palazzo Spreca con la distruzione dei fregi nelle fasce, che facevano da cornice alle pitture, e smontaggio del prezioso soffitto a cassettoni con gli stemmi della famiglia Pace e Spreca.  

Il Comune di Viterbo non poteva alienare questo bene ed oltretutto manca anche un inventario dei beni esistenti, come suppellettili, fregi, capitelli, affreschi e arredi che erano all’interno e dei quali non c’è più traccia Si parla degli stemmi della famiglia Paci con colomba e alloro scomparsi, senza contare la mobilia che doveva appartenere all’attigua ex chiesa di S. Maria Egiziaca, oggi trasformata in una palestra, col solaio ribassato di 2 metri per acquistare volume.

Basta farsi un giretto nel retro della struttura (con accesso dal chiostro ex Eca, ente comunale d’assistenza) per assistere al paradosso: il porticato dell’ex convento del Buon Pastore (di cui l’ex monastero di S. Maria Egiziaca doveva fare parte) che a un certo punto termina confinando con la palestra; le finestrelle di questa che sbucano dal piano seminterrato sulla parete del chiostro. Nel cortile una tribuna in cemento costruita accanto a un albero secolare a cui sono state recise le “ingombranti” radici. E altri misteri: le tre campane del 1622, 1629 e 1687 «esempi dei fonditori viterbesi» sparite.

Da  “L’Illustrissima Viterbo” di Mauro Galeotti

*

Palazzo Spreca era vincolato e il Comune non poteva venderlo
di Silvana Cortignani e Alessia Marani
Il Messaggero - Martedì 5 Novembre 2013, 17:36

VITERBO - Dietro l’affare Palazzo Spreca si nasconde una grave “distrazione” del Comune di Viterbo. Che ora potrebbe rimediare chiedendo di tornare in possesso del complesso immobiliare ceduto in due distinte tranche, nell’89 e nel 2000 (per 100 milioni di lire), a un privato senza che ciò fosse consentito dalla legge.
Già perché stando alle indagini della Procura, scattate dopo il recupero delle 14 Virtù Profane trafugate da una sala al primo piano (la omonima “Spreca” dell’edificio che affaccia su via Santa Maria Egiziaca) e finite in mano a un antiquario spoletino, nell’atto di vendita stipulato tra il Comune e l’acquirente, non comparirebbero i due vincoli dei Beni architettonici che gravano sull’immobile: un primo, ope legis, in quanto bene appartenuto alla Chiesa e ceduto allo Stato, e uno diretto risalente al 31 gennaio del 1910.
Vincoli illimitati nel tempo che avrebbero dovuto rendere inalienabile il bene. “Distrazione” a cui a cascata ne sarebbero seguite altre, non meno grossolane e clamorose.
Come, per esempio, il mancato inventario di suppellettili, fregi, capitelli, affreschi e arredi che erano all’interno e di cui non c’è più traccia.
E per risalire ai quali (o almeno a una parte) la polizia giudiziaria del Riello ha dovuto attingere a testi anche del 1800. Scrive il Munoz: «In esso si conserva un vasto salone adorno di pitture di grande interesse (...) una sala al primo piano di 6 metri per 12 (...)».
Si parla di stemmi della famiglia Paci con colomba e alloro scomparsi, senza contare la mobilia che doveva appartenere all’attigua ex chiesa di S. Maria Egiziaca, oggi trasformata in una palestra, col solaio ribassato di 2 metri per acquistare volume. Basta farsi un giretto nel retro della struttura (con accesso dal chiostro ex Eca, ente comunale d’assistenza) per assistere al paradosso: il porticato dell’ex convento del Buon Pastore (di cui l’ex monastero di S. Maria Egiziaca doveva fare parte) che a un certo punto termina confinando con la palestra; le finestrelle di questa che sbucano dal piano seminterrato sulla parete del chiostro.
Nel cortile una tribuna in cemento costruita accanto a un albero secolare a cui sono state recise le “ingombranti” radici. E altri misteri: le tre campane del 1622, 1629 e 1687 «esempi dei fonditori viterbesi» sparite. Le indagini sono agli sgoccioli. E anche se alcuni reati sono prescritti (mai i vincoli), dal Comune ci si aspetta almeno uno scatto d’orgoglio. E una denuncia alla Corte dei Conti.

Tratto da:
https://www.ilmessaggero.it/viterbo/viterbo_palazzo_spreca_comune_beni_culturali_vincoli-211615.html

* * *

Un po' di storia

Nella prima metà del XVII secolo il palazzo, insieme ad altri edifici ed aree vicine, era stato acquistato e trasformato in Ricovero delle Convertite con l'attigua Chiesa di santa Maria Egiziaca, detta poi del Buon Pastore, per le suore che vi abitarono fino all’ultimo dopoguerra.
Tutto inizia con il sostanzioso lascito testamentario del 7 maggio 1629 del viterbese Federico Paoloni, il cui stemma, ancora visibile su via Santa Maria Egiziaca e su via della Marrocca, indica e delimita gli edifici dell’intero complesso.
Nel 1910 dal demanio del Fondo per il Culto chiesa e monastero erano stati ceduti al Comune di Viterbo con l’espresso obbligo di conservarne tutte le caratteristiche storiche ed artistiche. Nonostante le disposizioni di legge, che ne vietavano la cessione a privati, in due momenti diversi, proprio la chiesa e una parte del monastero (comprendente anche il salone affrescato di Palazzo Spreca) furono ceduti a privati che misero in atto una progressiva e sconvolgente trasformazione sia della chiesa che del salone Spreca.
Con il distacco delle 14 Virtù affrescate erano state distrutte quasi totalmente le circostanti fasce ornamentali.
Inizia così una storia allucinante con la trasformazione della chiesa in una palestra, abbattendo il soffitto, del monastero in abitazioni, una fontana fu asportata, gli affreschi strappati dalle pareti del salone del Palazzo Spreca con la distruzione dei fregi nelle fasce, che facevano da cornice alle pitture, e smontaggio del prezioso soffitto a cassettoni con gli stemmi della famiglia Pace e Spreca.

*

Viterbo: Palazzo Spreca e le allegorie

Questa che sto per raccontarvi è una delle tante storie, ahimè, non sarà né la prima né l’ultima, che nasconde un malcostume tipico dei beni culturali quando questi non vengono visti come patrimonio di tutti, ma appannaggio solo di pochi.

Alla Biennale internazionale di antiquariato di Roma, tenutasi a palazzo Venezia nel 2012, si potevano ammirare delle pitture particolari: esse furono letteralmente strappate – volevo virgolettare la parola, ma mi sono resa conto in corso d’opera che il termine non è usato in forma impropria, ma nella sua accezione più vera- dai muri di Palazzo Spreca di Viterbo.
Il palazzo in questione è una costruzione gentilizia ubicata in centro, in via Santa Maria Egiziaca, che da anni versa in uno stato di abbandono. Le vicende giudiziarie che ne seguirono non rientrano nelle mie competenze, riguardano la giustizia ordinaria ed esulano da un mio personale parere. In questo contributo voglio soltanto menzionare le opere, che hanno un valore notevole nel quadro di una ricostruzione attenta del patrimonio artistico della nostra città per il Quattrocento.
La famiglia Spreca acquistò importanza nel tessuto sociale viterbese anche grazie ad una politica matrimoniale che vide il capostipite Giovanni unirsi in matrimonio nel 1425 con una esponente della famiglia Fajani, ne nacquero due figli: Domenico che portò avanti il nome in Viterbo e Antonio che dette il via al ramo collaterale di Vallerano.

I quattordici riquadri in questione rappresentano altrettante figure femminili che danno vita ad un gioco allegorico grazie ai loro attributi. La loro identità è data dalla presenza di iscrizioni molto eleganti a caratteri capitali maiuscoli. Esse rappresentano le allegorie non convenzionali delle Virtù: Spes, Fides, Caritas, Temperantia, prudentia, Iustitia, Oratio, Fidelitas, Obedientia, Virginitas, Sobrietas, Honestas, Authoritas, Perseverantia.
A prima vista i quadri si presentano sotto il profilo formale in maniera molto simile, essi sono racchiusi in una finta cornice di gusto antiquariale. I riquadri originariamente occupavano il fascione sottostante la soffittatura a cassettoni, questa ubicazione dava al complesso architettonico una certa eleganza che naturalmente hanno perso poi i singoli pezzi visti non più come facenti parte di un insieme organico.
La Speranza prega con le mani giunte guardando verso il sole, La Fede regge la Croce e un calice con l’Ostia; la Carità allatta due pargoli attaccati ai seni dispensando con le mani denari; la Temperanza versa acqua da un vaso ad un altro; la Prudenza tiene un compasso e un serpente attorcigliato al braccio; la Giustizia regge la spada e una bilancia, l’Orazione sta in piedi e regge un turibolo; la Fedeltà con un nastro tra i capelli alza l’indice della mano destra; la Verginità ravviva con un pettine la criniera di un unicorno; la Sobrietà porta la sua mano destra al petto ; l’Onestà tiene sulle ginocchia un ermellino; l’Autorità porta in capo un diadema e nella mano porta due chiavi e nella sinistra uno scettro ed infine la Perseveranza che tiene in mano un quadrante.

La foto è di Francesca Pontani ed è tratta dal sito www.tusciaup.com

https://www.raccontiamoviterbo.it/2020/09/26/viterbo-palazzo-spreca-e-le-allegorie/

*

Nel luglio del 2016 appare sulla stampa viterbese questo articolo:

https://www.lacitta.eu/cronaca/20841-in-tribunale-i-14-affreschi-del-palazzo-spreca-con-l-ispettore-di-polizia-felice-orlandini.html

di cui riportiamo il testo:

“Oggi al Tribunale di Viterbo ha avuto inizio il processo per chi ha posto in vendita i quattordici affreschi quattrocenteschi strappati dal Palazzo Spreca e per il proprietario del palazzo stesso, che si trova a Viterbo in Via santa Maria Egiziaca.
Le opere viterbesi furono esposte, nel 2012, a Palazzo Venezia, alla Biennale internazionale di antiquariato di Roma.
L'architetto Enzo Bentivoglio, appassionato e cultore della storia di Viterbo vedendo gli affreschi capì che erano quelli di Palazzo Spreca a Viterbo già descritti nel 1912 da Antonio Muñoz (Roma, 14 marzo 1884 – Roma, 22 febbraio 1960) funzionario della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, che aveva anche pubblicato le fotografie del salone delle Virtù.
Gli affreschi di Palazzo Spreca, sembra fossero ancora nel Palazzo nel 1995, poi furono ritrovati in casa di un antiquario a Spoleto, sono un ciclo di quattordici Virtù profane e sono state dipinte da un pittore anonimo e possono essere datati dal 1470 al 1480. (…)

*

Corriere dell’Umbria (22 novembre 2018)

Antiquario vince in Tribunale. Riavrà da Viterbo i preziosi dipinti

Tratto da:
https://tgceventi.it/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-22-Corriere-dell-Umbria-Spoleto-osp-sportello-oncolog.pdf

*

La Fune (23 novembre 2018)

Colpo di scena, la città di Viterbo perde gli affreschi di Palazzo Spreca

HOMEPAGE - VITERBO - Una vicenda che sta lasciando un bel mal di pancia presso l'opinione pubblica e non solo. Le quattordici virtù profane, strappate dalle pareti della residenza nobiliare, furono oggetto - nel 2012 - di un'inchiesta della Procura che arrivò al sequestro delle stesse. Fu tutto presentato come un'azione di contrasto al saccheggio del patrimonio storico-artistico e gli "strappi d'affresco" vennero messi in mostra per ben due volte. Quindi depositati in una sala all'interno del Museo Civico (non visibili al pubblico).

VITERBO – Il capoluogo della Tuscia perde un pezzo del suo patrimonio storico-artistico. Il Tribunale ha stabilito la legittima proprietà dell’antiquario spoletino Emo Antinori Petrini sugli affreschi di Palazzo Spreca.
Una vicenda che sta lasciando un bel mal di pancia presso l’opinione pubblica e non solo. Le quattordici virtù profane, strappate dalle pareti della residenza nobiliare, furono oggetto – nel 2012 – di un’inchiesta della Procura che arrivò al sequestro delle stesse. Fu tutto presentato come un’azione di contrasto al saccheggio del patrimonio storico-artistico e gli “strappi d’affresco” vennero messi in mostra per ben due volte. Quindi depositati in una sala all’interno del Museo Civico (non visibili al pubblico).
Sei anni di processo con al centro la controversa questione della proprietà delle opere. Nella veste degli imputati il proprietario dello stabile Egidio Calistroni e l’antiquario Emo Antinori Petrini. A loro carico le accuse di danneggiamento, ricettazione e violazione delle norme sul patrimonio artistico. In sintesi erano accusati di aver venduto gli affreschi del Cinquecento, dopo averli strappati dalle mura del palazzo di via Santa Maria Egiziaca. Beni considerati inalienabili, questa la tesi dell’accusa, perché il palazzo in questione oggetto di vincolo da parte della Soprintendenza.
A far partire tutto la segnalazione di un esperto che, in visita alla Biennale internazionale di Antiquariato di Palazzo Venezia a Roma, aveva riconosciuto i beni esposti come gli affreschi dell’antica residenza nobiliare viterbese. Quindi il blitz nello studio dell’antiquario a Spoleto, il sequestro dei dipinti e quindi la consegna al Comune di Viterbo.
Alla base della decisione del tribunale un’altra sentenza su una causa che ha visto contrapposti Comune di Viterbo ed Egidio Calistroni, a cui l’ente aveva venduto negli anni Novanta Palazzo Spreca, e Ministero dei Beni Culturali e Soprintendenza. Questi ultimi puntavano a far dichiarare nulla la vendita, ritenendo che Palazzo Spreca all’epoca fosse soggetto a vincolo e quindi per metterlo sul mercato Palazzo dei Priori avrebbe avuto bisogno del nulla osta della Soprintendenza.
Ma in fase di processo il Comune di Viterbo è riuscito a dimostrare l’inesistenza, al momento della cessione, di qualsiasi vincolo. Con il paradosso che la ragione ottenuta ha spianato la strada alla perdita del ciclo pittorico, scagionando proprietario e antiquario da tutte le accuse a loro carico.

Tratto da:
https://www.lafune.eu/colpo-di-scena-la-citta-di-viterbo-perde-gli-affreschi-di-palazzo-spreca/

*

Palazzo Spreca: vi spieghiamo le 14 Virtù

7 dicembre 2018

I dipinti di Palazzo Spreca: i fatti in breve

Gli affreschi di Palazzo Spreca rappresentano un ciclo di 14 Virtù profane dipinti da un anonimo e datati al 1470-1480: immagini che stilisticamente affondano le radici nella fase terminale dell’età medievale ma che allo stesso tempo già colgono i tratti e le innovazione del Rinascimento.
Vennero asportati (strappati!) da una sala di Palazzo Spreca, in via Santa Maria Egiziaca a Viterbo, e recuperati a Spoleto, dentro l’abitazione di un antiquario. Poco tempo prima, infatti nell’ottobre 2012, questo antiquario aveva esposto gli affreschi alla Biennale internazionale dell’antiquariato di Palazzo Venezia a Roma, probabilmente alla ricerca di un acquirente. Ma è a questo punto che era entrato in scena il Prof. Enzo Bentivoglio che li vede e si ricorda di averli studiati da giovane su un libro di storia dell’arte curato dal Muñoz, del 1913. Questi gli eventi salienti che avevano fatto partire le indagini, che ne avevano disposto il sequestro e l’affidamento al Museo Civico di Piazza Crispi a Viterbo con la conclusione dell’intera vicenda sancita dalla bella mostra ”Sacro e profano. Capolavori di Viterbo tra il Quattrocento e il Settecento”, Viterbo 23 dicembre 2014- 31 gennaio 2015, a cura di Andrea Alessi.
Ma poche settimane fa lo scoop: presto i dipinti di Palazzo Spreca potrebbero tornare di nuovo a Spoleto, lasciando definitivamente Viterbo…
 
Le 14 virtù di Palazzo Spreca: l’enorme valore storico e artistico

Il ciclo di affreschi di Palazzo Spreca rappresentano un patrimonio artistico di eccezionale valore storico. Valore storico sia per il prodotto artistico in se stesso ma soprattutto nel loro contesto originario: Viterbo.
Questi affreschi trovano il loro significato e la loro ragione di esistere nel luogo per cui sono stati progettati: Palazzo Spreca; sarebbe dunque un vero sacrilegio il loro diventare un semplice oggetto di arredo antiquario, in un altro luogo.
Le figure allegoriche sono riferibili a Virtù non convenzionali, forse collegate alla carica pubblica di Priore rivestita da Domenico Spreca. Figure allegoriche che erano originariamente distribuite su 35 metri di pittura: “Virtù” personificate da delicate immagini femminili, il tutto espresso con un linguaggio che risente ancora dell’espressione tardo gotica. Figure allegoriche bellissime, che “nascondono” dei messaggi e raccontano di una complessa e affascinante epoca storica: quella che apre le porte al Rinascimento italiano.
 
Le 14 virtù di Palazzo Spreca: l’enorme valore economico

“Le Virtù, ciclo di 14 affreschi, avevano un valore superiore al milione di euro. Per l’esattezza 1 milione e 400,000, ovvero 100 mila euro a virtù. Sembrano un’infinità di soldi eppure questo era il prezzo nel 2014. Oggi è molto più alto, grazie a due mostre e a tre vincoli, l’ultimo dei quali ne rafforza l’interesse storico e artistico. Fortunatamente per Viterbo, grazie alla Procura, la vendita venne impedita prima che le opere partissero all’estero per quella cifra.
Oggi, purtroppo, rischiano di fare la stessa fine (magari non fuori Italia, ma al di fuori dalla città dei Papi sì), per via di una sentenza del tribunale” Andrea Alessi.

Le 14 Virtù

Spes, Fides, Caritas, Temperantia, Prudentia, Iustitia, Oratio, Fidelitas, Oboedientia, Virginitas, Sobrietas, Honestas, Autoritas, Perseverantia: queste le 14 Virtù di Palazzo Spreca, un mondo di allegorie e di significati che raccontano messaggi.

La SPES prega con le mani giunte verso il sole; la FIDES regge la croce e un calice con l’ostia; la CARITAS allatta due bambini a entrambi i seni e con la mano dispensa denari a un gruppo di persone. La TEMPERANTIA versa acqua da un vaso in un altro; la PRUDENTIA tiene un compasso e un serpente attorcigliato al braccio. La IUSTITIA regge la spada e una bilancia. L’ORATIO è l’unica figura che sta in piedi, regge un turibolo; la FIDELITAS con un nastro svolazzante tra i capelli alza l’indice della mano destra e ha accanto un cane; l’OBOEDIENTIA tiene in mano un bastone e si rivolge a una figura con le braccia incrociate e con il cammello inginocchiato carico di legname. La VIRGINITAS ravviva con un pettine la criniera di un unicorno, simbolo della purezza. La SOBRIETAS è con la mano destra al petto; l’HONESTAS tiene sulle ginocchia un ermellino. L’AUTORITAS ha la testa ornata da un piccolo diadema a punta e tiene due chiavi nella mano destra alzata, e in quella sinistra uno scettro. La PERSEVERANTIA con la mano destra regge un quadrante.

Francesca Pontani – www.francescapontani.it

Bibliografia testo

https://www.academia.edu/33932758/Sacro_and_Profano._Capolavori_a_Viterbo_tra_il_Quattrocento_e_il_Settecento_catalogo_della_mostra_Viterbo_2014-2015_a_cura_di_Andrea_Alessi_Ginevra_Bentivoglio_EditoriA_Roma_2014_with_the_patronage_Mibact_Sopr._Beni_artistici_storici_di_Roma_e_Lazio_Comune_di_Viterbo_Carivit_Curia_Vt_

 

* * *

 

I dipinti delle 14 Virtù

 

I dipinti delle 14 Virtù trafugati e ritrovati di Palazzo Spreca, a via Santa Maria Egiziaca, trafugati e ritrovati, rappresentano le 14 virtù di grande valore storico e artistico.  Le figure allegoriche sono riferibili a Virtù non convenzionali, forse collegate alla carica pubblica di Priore rivestita da Domenico Spreca. Figure allegoriche che erano originariamente distribuite su 35 metri di pittura: “Virtù” personificate da delicate immagini femminili, il tutto espresso con un linguaggio che risente ancora dell’espressione tardo gotica. Figure allegoriche bellissime, che “nascondono” dei messaggi e raccontano di una complessa e affascinante epoca storica: quella che apre le porte al Rinascimento italiano. Le 14 Virtù sono : Spes, Fides, Caritas, Temperantia, Prudentia, Iustitia, Oratio, Fidelitas, Oboedientia, Virginitas, Sobrietas, Honestas, Autoritas, Perseverantia. La SPES prega con le mani giunte verso il sole; la FIDES regge la croce e un calice con l’ostia; la CARITAS allatta due bambini a entrambi i seni e con la mano dispensa denari a un gruppo di persone. La TEMPERANTIA versa acqua da un vaso in un altro; la PRUDENTIA tiene un compasso e un serpente attorcigliato al braccio. La IUSTITIA regge la spada e una bilancia. L’ORATIO è l’unica figura che sta in piedi, regge un turibolo; la FIDELITAS con un nastro svolazzante tra i capelli alza l’indice della mano destra e ha accanto un cane; l’OBOEDIENTIA tiene in mano un bastone e si rivolge a una figura con le braccia incrociate e con il cammello inginocchiato carico di legname. La VIRGINITAS ravviva con un pettine la criniera di un unicorno, simbolo della purezza. La SOBRIETAS è con la mano destra al petto; l’HONESTAS tiene sulle ginocchia un ermellino. L’AUTORITAS ha la testa ornata da un piccolo diadema a punta e tiene due chiavi nella mano destra alzata, e in quella sinistra uno scettro. La PERSEVERANTIA con la mano destra regge un quadrante.

(Bibliografia Francesca Pontani – www.francescapontani.it

*

Nel luglio del 2016 appare sulla stampa viterbese questo articolo:

https://www.lacitta.eu/cronaca/20841-in-tribunale-i-14-affreschi-del-palazzo-spreca-con-l-ispettore-di-polizia-felice-orlandini.html

di cui riportiamo il testo:

“Oggi al Tribunale di Viterbo ha avuto inizio il processo per chi ha posto in vendita i quattordici affreschi quattrocenteschi strappati dal Palazzo Spreca e per il proprietario del palazzo stesso, che si trova a Viterbo in Via santa Maria Egiziaca.

Le opere viterbesi furono esposte, nel 2012, a Palazzo Venezia, alla Biennale internazionale di antiquariato di Roma.

L'architetto Enzo Bentivoglio, appassionato e cultore della storia di Viterbo vedendo gli affreschi capì che erano quelli di Palazzo Spreca a Viterbo già descritti nel 1912 da Antonio Muñoz (Roma, 14 marzo 1884 – Roma, 22 febbraio 1960) funzionario della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, che aveva anche pubblicato le fotografie del salone delle Virtù.

Gli affreschi di Palazzo Spreca, sembra fossero ancora nel Palazzo nel 1995, poi furono ritrovati in casa di un antiquario a Spoleto, sono un ciclo di quattordici Virtù profane e sono state dipinte da un pittore anonimo e possono essere datati dal 1470 al 1480. (…)

Un po' di storia

Nella prima metà del XVII secolo il palazzo, insieme ad altri edifici ed aree vicine, era stato acquistato e trasformato in Ricovero delle Convertite con l'attigua Chiesa di santa Maria Egiziaca, detta poi del Buon Pastore, per le suore che vi abitarono fino all’ultimo dopoguerra.

Tutto inizia con il sostanzioso lascito testamentario del 7 maggio 1629 del viterbese Federico Paoloni, il cui stemma, ancora visibile su via Santa Maria Egiziaca e su via della Marrocca, indica e delimita gli edifici dell’intero complesso.

Nel 1910 dal demanio del Fondo per il Culto chiesa e monastero erano stati ceduti al Comune di Viterbo con l’espresso obbligo di conservarne tutte le caratteristiche storiche ed artistiche. Nonostante le disposizioni di legge, che ne vietavano la cessione a privati, in due momenti diversi, proprio la chiesa e una parte del monastero (comprendente anche il salone affrescato di Palazzo Spreca) furono ceduti a privati che misero in atto una progressiva e sconvolgente trasformazione sia della chiesa che del salone Spreca.

Con il distacco delle 14 Virtù affrescate erano state distrutte quasi totalmente le circostanti fasce ornamentali.

Inizia così una storia allucinante con la trasformazione della chiesa in una palestra, abbattendo il soffitto, del monastero in abitazioni, una fontana fu asportata, gli affreschi strappati dalle pareti del salone del Palazzo Spreca con la distruzione dei fregi nelle fasce, che facevano da cornice alle pitture, e smontaggio del prezioso soffitto a cassettoni con gli stemmi della famiglia Pace e Spreca.

 

* * * * *

Il complesso Ex-Eca

Via della Volta Buia 45 – Viterbo

Nel settembre del 2008 appariva sulla stampa viterbese questo articolo:

(…) La manifestazione "execArtes", organizzata dal Comune di Viterbo insieme alle associazioni Eta Beta, Amici di Galiana e Vita Autonoma, è un'iniziativa che si svolgerà dal primo al cinque ottobre prossimi e che inaugurerà la nuova vita e il ritrovato splendore del conservatorio del Buon Pastore (ex Eca), in via della Volta buia a Viterbo.

Per cinque giorni, infatti, il complesso ex Eca si riempirà di vita con numerose iniziative volte a valorizzarne l'importanza. Il conservatorio del Buon Pastore, situato nel centro storico della Città dei Papi, costituisce un complesso di rilevante valore architettonico, composto da un insieme di edifici di epoca settecentesca e da un’ampia area non edificata, racchiusa dalle costruzioni limitrofe e da un alto muro perimetrale.

Dopo la ristrutturazione, effettuata di recente dal Comune di Viterbo, il complesso è stato assegnato dall'amministrazione comunale a tre associazioni: Eta Beta, Amici di Galiana e Vita Autonoma, che lo trasformeranno nella sede di servizi residenziali e semi-residenziali, e di attività socio-sanitarie, educative e culturali. Questa opportunità è rivolta soprattutto a persone diversamente abili, ma nel conservatorio del Buon Pastore opereranno anche soggetti istituzionali, imprese sociali, associazioni, enti di volontariato e familiari degli utenti dei servizi.

Quello che per tanto tempo non è stato altro che una struttura di pregio ma inutilizzata d'ora in avanti diverrà un luogo vivo, grazie alla presenza di gruppi di bambini e ragazzi, di persone anziane, di giovani impegnati nel servizio civile, di operatori adulti, di studenti, di professionisti, di singoli cittadini e di tutti coloro che vorranno partecipare alle iniziative che valorizzeranno il complesso. 

Puntando a diffondere la cultura della normalità nella diversità, le attività in programma avranno un marcato carattere di integrazione sociale. A tal fine diventa quindi di importanza fondamentale che il complesso ex Eca sia uno spazio fruibile dal quartiere e dall'intera città, un luogo aperto utilizzato da soggetti differenti per età, genere, provenienza, condizioni di salute e situazioni sociali, e che venga restituito alla funzione che nel dopoguerra lo ha sempre visto essere suggestiva sede di proiezioni cinematografiche all'aperto. In questo contesto, la piazza intitolata all'indimenticato neuropsichiatra Giorgio Mauro Schirripa, scomparso da quasi tre anni, assumerà pienamente la rilevanza di spazio urbano, costituendo, per le sue caratteristiche architettoniche, una sorta di palcoscenico naturale, un'arena ideale per accogliere manifestazioni di carattere culturale e sociale. "execArtes" si inserisce proprio in questo contesto, e ha come fine la promozione del complesso Ex Eca come "agorà", come crocevia di scambi culturali, sociali, relazionali. Per la cittadinanza, la cultura, le arti e l'integrazione della differenza.
 
L'iniziativa, fortemente voluta dal Comune di Viterbo, prevede una serie di eventi e spettacoli selezionati in modo da assecondare esigenze e interessi culturali diversi. Sono previsti quindi laboratori pomeridiani di espressione corporea e artistica, aperitivi artistici, spettacoli teatrali e cinematografici, concerti, mostre fotografiche e di scultura. L'obiettivo principale dell'iniziativa, oltre a quello di riscoprire la piazza e il complesso ex Eca, è quello di fra conoscere alla cittadinanza (e non solo) la destinazione d'uso del complesso e le attività svolte dalle tre associazioni che se ne occuperanno.

Tratto da: http://www.tusciaweb.it/notizie/2008/settembre/20_15execartes.htm

 

(…) Il palazzo dell'ex Eca, si trova al numero 45 di via della Volta Buia, stradina che unisce via Mazzini al Corso. Risalente al periodo rinascimentale, il complesso era conosciuto in passato come Conservatorio del Buon Pastore perché nel 1862 diventò una casa d'accoglienza ''per fanciulle povere e donne traviate, diretta dalle suore del Buon Pastore''. Nel secolo scorso è stato utilizzato come cinema all'aperto - il cinema Arena - e ha ospitato anche un asilo. Poi, gli anni del semi-abbandono.

Recentemente si era parlato di una sua riconversione come casa d'accoglienza per le donne vittime di violenza mentre è del 2008, in seguito a un finanziamento della Regione Lazio, il progetto di realizzare un ''polo della solidarietà'', tra associazioni e alloggi per disabili. Il progetto non è mai partito. Attualmente il complesso ospita la sede operativa di Eta Beta.

Palazzo dei Priori ha deciso ora di stanziare per l'ex Eca 35.000 euro che verranno utilizzati per l'allestimento ''di un locale da rendere fruibile come luogo di incontro e area di ristoro a servizio del complesso immobiliare''. (…)

Tratto da: https://www.viterbonews24.it/foto/60mila-euro-per-riqualificare-lex-eca-e-lex-asilo-mondo-pinocchi_91402_46575.htm

 

(…) Abbiamo trovato uno splendido palazzo del primo periodo rinascimentale, recentemente restaurato.

Il portone era aperto, perché ospita la segreteria di una nota associazione di volontariato, aperta al pubblico due volte la settimana. All’interno un vero e proprio giardino, purtroppo, visibilmente trascurato.

Le foto sono molto più eloquenti che mille parole e denunciano una situazione di abbandono, nonostante il restauro recente. Abbiamo chiesto agli abitanti della zona, qualche notizia in più, gli anziani del quartiere ricordano il palazzo come “Conservatorio del Buon Pastore”, perché nel 1862 diventò una casa d’accoglienza per fanciulle povere e donne traviate, diretta dalle suore del Buon Pastore.

Sempre interrogando chi abita in zona, siamo venuti a sapere che, all'incirca trenta o quaranta anni fa, all'interno del palazzo c’era un asilo. Per qualche tempo il giardino è stato sfruttato anche come cinema all’aperto, un anziano signore lo ricorda come Cinema Arena. Una signora rammenta addirittura un magnifico affresco nel corridoio al primo piano. (…)

Facendo una veloce ricerca in internet si scopre che nel complesso c’erano effettivamente vari affreschi, eseguiti nella metà del secolo XVII. Scopriamo anche che nel 2005, dopo un primo intervento di restauro, si torna a parlare del complesso, poiché si pensa di utilizzare due unità abitative, all’interno della struttura, per ospitare temporaneamente donne vittime di violenza familiare, una sorta di continuità con quello che era l’antica destinazione d’uso. Ma questa proposta si frantuma come una bolla di sapone.

Finché nel 2008 la Regione Lazio finanzia un progetto per il completamento del complesso con un importo di 250.000 euro (dati riportati sul sito ufficiale del comune di Viterbo), per destinare la struttura a tre associazioni di volontariato impegnate nella gestione di ragazzi con disabilità psicomotoria. L’intento è di creare dei laboratori e dei miniappartamenti - si parla di circa 20 - per l’autonomia di questi ragazzi (housing sociale). (…)

Tratto da: https://www.viterbonews24.it/foto/il-palazzo-ex-eca-inutilizzato-da-anni_36072_46577.htm#news

 

(…) Nel giugno del 2017 nel giardino del palazzo è andato in scena “Viaggi diVersi” rappresentazione finale del laboratorio di teatro integrato per ragazzi disabili, realizzato da Tetraedro in collaborazione con la Ausl di Viterbo e l'associazione Amici di Galiana.

“La teatroterapia prevede che l'attore sia al tempo stesso regista - ha detto Francesco Serra della Compagnia Tetraedro, che ha curato la regia dello spettacolo, in occasione della conferenza stampa di presentazione - Gli interpreti, dunque, hanno scelto testo, musiche, scenografie e costumi. Il mio compito è stato quello di fare da trait d'unione puntando su un tema unico: il viaggio”.

Lo spettacolo costituisce l'approdo finale di un anno di lavoro nel corso del quale i partecipanti al progetto, giovani disabili, impegnandosi hanno attuato un percorso di crescita personale, grazie anche al lavoro di volontari, alcuni dei quali saranno anche protagonisti della rappresentazione di domenica sera.  

“Il progetto ha portato a dei risultati eccezionali” dice  la dottoressa Gilda Rush, direttrice del servizio Uosida Disabile Adulto della Asl di Viterbo “ perché il nostro obiettivo è l'inserimento sociale”, come afferma anche  la presidente dell'associazione Amici di Galliana, Graziella Fiorucci.  

Tratto da: https://www.lacitta.eu/eventi/3973-viaggi-diversi-del-laboratorio-di-teatro-integrato.html

 

Nel 2021 Il Comune di Viterbo liquida le spese per:

LAVORI DI RECUPERO E RISTRUTTURAZIONE DEL CONSERVATORIO DEL BUON PASTORE (EDIFICIO EX-ECA), L. 179/92 (ART.16)

Tratto da:

https://comviterbo.maggiolicloud.it/PortaleAppalti/it/ppgare_esiti_lista.wp?actionPath=/ExtStr2/do/FrontEnd/Esiti/viewLotti.action&currentFrame=7&codice=G01974&ext=&_csrf=H2J2MVUXBTFB4T0DN5HLBSZP4CKDWEER

https://comviterbo.maggiolicloud.it/PortaleAppalti/it/ppgare_esiti_lista.wp?actionPath=/ExtStr2/do/FrontEnd/Esiti/view.action&currentFrame=7&codice=G01974&_csrf=2IB8L4M370YC2M9FHYBGBP9806O6TA03

 

(…) Nel giugno 2023, dopo vari tentativi infruttuosi, resi tali da giustificazioni machiavelliche e paradossali, finalmente è stata sbloccata l'assegnazione delle residenze e i primi inquilini hanno così potuto accedere a un sussidio di inestimabile valore sociale. (…)

Tratto da: https://www.viterbotoday.it/attualita/ex-eca-tuscia-nel-cuore-8-giugno-2023.html

 

In questo altro articolo vengono mostrate anche alcune foto del giardino.

https://www.tusciatimes.eu/progetto-dopo-di-noi-consegnate-le-chiavi-di-casa-ad-andrea-e-alessandro-video/

 

(…) Ad ottobre 2023 il Comune di Viterbo ha approvato 30 nuovi progetti -alcuni finanziati, altri in attesa di fondi - inseriti nel piano triennale delle opere pubbliche per circa 68 milioni di euro. Tra essi figura lo stanziamento di 220.000 euro per i lavori di riqualificazione dei locali ex Eca per la realizzazione di una struttura di accoglienza per turisti con disabilità (…).

https://quintaepoca.it/trenta-progetti-aronne-floris-piano-triennale-opere-pubbliche/

 
 
Copyright © 2009 - fabiomanzione.it - All Rights Reserved. Logo FM Piccolo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

21868083
Your IP: 81.56.43.237
2024-04-25 18:10

Abbiamo 45 visitatori e nessun utente online

 

 

Stampa