La vita mortale dei fatti

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«Il numero di cromosomi in una cellula umana è 48. Ormai è un fatto stabilito». Lo scriveva nel 1953 l’eminente biologo Leo Sachs. Nel 1956 Joe Hin Tjio e Albert Levan, utilizzando una nuova tecnica di osservazione delle cellule, contarono 46 cromosomi. All’inizio pensarono di essersi sbagliati. Ricontarono. I cromosomi erano ancora 46. Quello che fino al momento prima era stato un fatto, cessò di esserlo. Da allora la comunità scientifica concorda sul numero esatto: 46 e non 48.
A un certo punto i fatti non sono più tali. Se si prendono le riviste scientifiche di anni (o secoli) fa si leggono cose come: il fumo fa bene alla salute, in un’alimentazione sana non può mancare molta carne, Plutone è una stella, la connessione Internet più veloce è a 56k, il linguaggio della scienza è il latino, la Terra ha 2miliardi di abitanti. «Il nostro mondo è in flusso costante, le nostre conoscenze cambiano di continuo, persino i più informati faticano a starci dietro», riconosce Sam Arbesman all’inizio del suo libro The Half-life of Fact: Why Everything We Know Has an Expiration Date (Current/Penguin, uscito il 27 settembre 2012). «Tutto quello che sappiamo ha una data di scadenza» è la sintesi di Arbesman. Come gli yogurt? No, le cose non sono così semplici. Il giorno in cui i fatti vanno a male non è stampato sull’etichetta. Per questo abbiamo la sensazione di rimanere schiacciati dal continuo mutamento. Lo studioso ci invita a non scoraggiarci: «C’è un
ordine nel continuo cambiamento. Un ordine regolare e sistematico che può essere descritto dalla scienza e dalla matematica». (...)

L'articolo:
http://lettura.corriere.it/la-vita-mortale-dei-fatti/