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Home Diritti Umani Liao Yiwu - "Zaino e due libri così sono fuggito dall´inferno-Cina"

Liao Yiwu - "Zaino e due libri così sono fuggito dall´inferno-Cina"

DIRITTI UMANI

La provincia dello Yunnan, nella Cina sudoccidentale, rappresenta da tempo la via d´uscita per i cinesi che vogliono rifarsi una vita all´estero. Da lì è possibile uscire clandestinamente dalla Cina via terra, oppure via acqua, navigando sul fiume Lancang finché questo non confluisce nel Mekong.

Ogni volta che vi mettevo piede, la mia immaginazione si scatenava.
Dopo essere stato rinchiuso in carcere per quattro anni per aver scritto una poesia di condanna per la brutale repressione delle proteste studentesche del 1989, mi è stata negata l´autorizzazione a lasciare il Paese ben 16 volte.
Fino all´inizio di quest´anno ero riuscito a resistere all´impulso di scappare. Avevo scelto di restare in Cina e di continuare a documentare la vita di coloro che occupano il gradino più basso della scala sociale. Poi, dopo le proteste democratiche nel mondo arabo e le esortazioni su Internet a dare il via ad analoghe manifestazioni di piazza anche in Cina, il governo è caduto nel panico e ha inscenato una dimostrazione concertata di forza su scala nazionale.
La polizia ha fatto retate tra i difensori dei diritti civili, scrittori e artisti. L´artista Ai Weiwei ad aprile è scomparso e da quando è stato liberato, a metà giugno, vive sotto stretta sorveglianza. Quando i funzionari della sicurezza sono venuti a sapere che i miei libri sarebbero stati tradotti all´estero hanno iniziato a telefonarmi e a farmi visita spesso. «Pubblicare in Occidente è vietato dalla legge cinese» mi dicevano, minacciando che rifiutando di revocare il contratto con gli editori occidentali avrei dovuto affrontare conseguenze legali.
Poi mi è arrivato un invito da Salman Rushdie per presenziare al PEN World Voices Festival di New York. Ho chiesto alle autorità un permesso di uscita dalla Cina e ho prenotato il biglietto aereo. Ma il giorno prima della partenza, un funzionario di polizia mi ha invitato a «prendere un tè» e mi ha comunicato che la mia richiesta era stata respinta. Ha anche aggiunto che qualora avessi insistito e mi fossi recato in aeroporto mi avrebbero fatto sparire. Proprio come Ai Weiwei.
Per uno scrittore - e ancor più per uno scrittore che si prefigge di testimoniare che cosa stia accadendo in Cina - la libertà di parola e di stampa vogliono dire molto più di ciò che sembra. Il mio carissimo amico Liu Xiaobo, insignito del Nobel, ha pagato un prezzo molto alto per i suoi scritti e il suo attivismo politico. Non volevo ricalcarne le orme. Non avevo intenzione di tornare in prigione. Avrei potuto scrivere e pubblicare liberamente soltanto fuggendo da questa prigione colossale e invisibile di nome Cina. Avevo una responsabilità precisa: quella di far conoscere al mondo la vera Cina che si nasconde dietro l´illusione del boom economico. Una Cina indifferente al rancore in ebollizione della popolazione.
Non ho fatto parola con nessuno del mio piano. Ho messo in uno zaino alcuni vestiti, il mio flauto cinese, il mio gong tibetano e due miei libri preziosi, The Records of the Grand Historian e I Ching, e me ne sono andato mentre i poliziotti non stavano guardando. Mi sono diretto nella provincia di Yunnan e ho cominciato a frequentare la gente del posto. Sapevo che se avessi cercato, alla fine avrei trovato come uscire dalla Cina.
Con il mio passaporto e visti validi per la Germania, gli Stati Uniti e il Vietnam ho raggiunto una piccola cittadina lungo il confine. Lì, oltre un fiume, si poteva vedere il Vietnam. Il mediatore locale che avevo trovato mi ha detto che avrei potuto pagare qualcuno per portarmi sull´altra riva di nascosto, ma ho rifiutato. Avevo un passaporto valido. Ho scelto quindi di attraversare il checkpoint al confine, su un ponte.
Alle 10 di mattina del 2 luglio ho percorso a piedi i novanta metri che mi separavano dalla postazione al confine, pronto al peggio. Invece è accaduto un miracolo. Il funzionario ha controllato i miei documenti, mi ha fissato in volto per qualche secondo e poi ha timbrato il mio passaporto. Senza mai fermarmi mi sono diretto ad Hanoi, da lì mi sono imbarcato su un volo per la Polonia e poi su un altro aereo ancora per la Germania. Quando la mattina del 6 luglio sono uscito dall´aeroporto Tegel di Berlino, ho trovato ad attendermi il mio editore tedesco Peter Sillem. «Dio mio! Dio mio!» ha esclamato in preda alla commozione, incapace di credere che mi trovassi davvero su suolo tedesco. Fuori dall´aeroporto l´aria era fresca e mi sono sentito libero.
Dopo essermi sistemato, ho telefonato ai miei familiari e alla mia fidanzata, che erano stati interrogati dalle autorità. La notizia della mia fuga è circolata molto rapidamente. Un amico pittore mi ha detto di essere andato a trovare Ai Weiwei, che è ancora sotto stretta sorveglianza. Quando gli ha riferito che ero misteriosamente arrivato in Germania, gli occhi del vecchio Ai si sono spalancati, e incredulo ha chiesto: «Davvero? Davvero? Davvero?».

Tratto da:
http://spogli.blogspot.com/2011_09_22_archive.html

Sull'argomento:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/un-canto-dallorrore/2159230

L'intervista:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/credetemi-la-cina-esploder%C3%A3-/2159215

Informazioni biografiche:
http://en.wikipedia.org/wiki/Liao_Yiwu

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Quarto Forum di Pechino sui Diritti Umani:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/03/pechino-ospita-il-forum-dei-diritti-umani-e-il-regime-respinge-le-accuse-di-violazion/161772/

 

 
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