Se i pesci potessero gridare...
Quando ero bambino, mio padre era solito portarmi a passeggio, spesso su un lungofiume o sul mare. Passavamo accanto a gente che pescava, magari mentre recuperavano le loro lenze con attaccati pesci sofferenti al loro termine. Una volta vidi un uomo prendere un piccolo pesce da un secchio ed impalarlo, ancora dimenante, su un amo vuoto da usare come esca. Un’altra volta, quando il nostro cammino ci portò lungo un canale tranquillo, vidi un uomo seduto che guardava la sua lenza, apparentementa in pace con il mondo, mentre accanto a lui i pesci che aveva già pescato si contorcevano inutilmente boccheggiando. Mio padre mi disse che non riusciva a capire come si potesse godere di un pomeriggio passato a catturare pesci dall’’acqua e farli morire lentamente.
Questi ricordi di infanzia sono riapparsi a frotte quando ho letto Worse things happen at sea: the welfare of wild-caught fish [In mare accadono le cose peggiori: il benessere dei pesci catturati in natura, ndt], un reportage di forte impatto diffuso lo scorso mese sul sito fishcount.co.uk. Nella maggior parte del mondo, è accettato che se gli animali debbano essere uccisi per farne cibo, dovrebbero essere uccisi senza sofferenze. Le regolamentazioni per il macello generalmente prevedono che gli animali vengano resi immediatamente incoscienti prima che vengano uccisi, o la morte dovrebbe essere inflitta in modo istantaneo, o, nel caso di un macello rituale, nel modo più veloce possibile in accordo con quanto permesso dalla dottrina religiosa.
Ma non per i pesci. L’uomo non ha alcun obbligo di macellazione per lo sbalorditivo numero di pesci selvaggi catturati e uccisi in mare, tantomeno, nella maggior parte dei posti, per i pesci da allevamento. (...)
L'articolo:
http://serenoregis.org/2010/12/se-i-pesci-potessero-gridare-%E2%80%93-peter-singer/
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