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La stagionalità, ovvero il consumo degli alimenti all’epoca naturale di produzione riguarda comunemente i vegetali freschi, frutta e verdura, ma si può estendere anche ad altri, come il pesce di mare aperto o il maiale che, secondo la tradizione contadina, viene sacrificato in inverno affinché il consumo dei prodotti che se ne ricavano, molto calorici, aiuti a fronteggiare i rigori di questa stagione.
Fino a 50 anni fa la stagionalità era rispettata a pieno. Poi, a poco a poco, essa è venuta meno per molti alimenti diventati disponibili tutto l’anno o perché provenienti dall’altro capo del mondo o perché ottenuti forzando le colture a produrre in serre riscaldate e sotto l’effetto di prodotti chimici. Produzione fuori stagione e trasporto a lunga distanza di questi prodotti comportano però costi energetici enormi ed emissioni di anidride carbonica molto dannose per l’ambiente.
La Natura è saggia perché ad ogni stagione ci procura il cibo di cui abbiamo bisogno non solo per nutrirci ma anche per fronteggiare le condizioni climatiche del momento. Così, come nei mesi freddi mette a nostra disposizione le crucifere (cavoli, verze, broccoli, ecc.) che per la loro ricchezza in composti dello zolfo (tiocianati) riscaldano il corpo infreddolito dalle intemperie (una zuppa calda di cavoli è l’ideale quando fa freddo), nei mesi caldi ci inonda di frutta e verdure che apportano al nostro organismo tante sostanze che lo proteggono dagli effetti nocivi delle alte temperature e delle intense radiazioni solari. (...)

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http://www.valorealimentare.it/05/08/2010/rubriche/alimenti-e-salute/estate-evviva-la-stagionalita/