UN LAVORO VERDE

 

Agronomo – Direttore di Cultura e Natura - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. email Autore

 

Nel cupo quadro della ricerca di un lavoro che tanto preoccupa chi lavoro non ha, non poche speranze vengono riposte nelle opportunità che una sempre più forte coscienza ambientale potrebbe offrire come possibilità di nuova occupazione. Documenti europei (come lo studio condotto dalla Commissione Europea su “Crescita, competitività, occupazione” nel 1994 - ma meglio conosciuto come il Libro Bianco di Jacques Delors - in cui si stimano in 700.000 i posti di lavoro che potrebbero nascere in vista della realizzazione di una nuova politica di tutela ambientale in Europa, di cui 165.000 solo in Italia) e affermazioni di politici italiani (dopo l’approvazione dell’ultimo decreto legislativo sui rifiuti, nel gennaio di quest’anno, il Ministro dell’Ambiente Ronchi ha avanzato il convincimento che il nuovo riordino della materia avrebbe creato 100.000 nuovi posti di lavoro) confermerebbero, anche se trattandosi di promesse di... politici il condizionale è d’obbligo, l’apertura di nuove prospettive di lavoro in settori verso i quali vi è soprattutto tra i giovani un forte interesse. Ma è necessario fare chiarezza sulla reale consistenza di queste opportunità e, soprattutto sulle motivazioni che spingono un giovane verso un lavoro in questo settore: al di là della ricerca di un lavoro interessante e pagante (oltre che in termini economici anche di soddisfazione morale) è importante sgombrare il campo da tante illusioni che talvolta un’approccio troppo idealista può incautamente alimentare e che inevitabilmente, possono dar luogo in seguito a disillusioni cocenti che talvolta sfociano nelle cosiddette “sindromi da burn-out”. Un piccolo ma interessantissimo contributo in questo senso ci viene offerto dalla collana “Guida Task al mondo del lavoro” pubblicata dal Sole 24 Ore Libri, in cui spicca il volume “Le professioni dell’ambiente” in cui in poco più di 100 pagine ci si può orientare in un mercato del lavoro quanto mai diversificato e vario, che tra l’altro, molto si baserà sulla creatività e sull’inventiva imprenditoriale dei giovani. Ma saranno necessarie anche solide basi scientifiche per chi vorrà operare nell’ambito della ricerca applicata all’ambiente o una buona conoscenza degli aspetti gestionali, economici e giuridici per chi pensa di poter dare un contributo all’ecologia nella pubblica amministrazione o nel settore industriale. Un settore chiave e sul quale molto si dovrà fare è proprio quello della formazione, quanto mai varia e articolata trattendosi di problemi ambientali le cui competenze spettano a diverse discipline scientifiche, a diversi Dicasteri sul piano amministrativo e a settori produttivi tra i più vari, merceologicamente parlando. Certo molto dipenderà dalla volontà politica di “investire” sull’ambiente, non solo economicamente ma politicamente: la valorizzazione di alcuni settori produttivi passa non solo attraverso “iniezioni di denaro” ma anche e direi soprattutto in una “ricostruzione” morale di certi comparti produttivi (si pensi a quanto è poco considerata l’agricoltura nel nostro Paese in confronto al peso politico e culturale che la stessa ha in Germania o in Francia). Le stime dell’OCSE ci vedono fanalino di coda nella classifica europea di fatturato di beni e servizi per la tutela dell’ambiente per una serie di ragioni che fanno sì che molte siano le potenzialità ancora inespresse di questo settore che peraltro potrebbe avere ricadute interessanti non solo per il lavoro che potrebbe offrire ma per garantire a tutti i cittadini una migliore salute e per rompere quel circolo vizioso che arricchisce la malavita organizzata che vede nelle gestione sconsiderata dei rifiuti un affare da almeno 20.000 miliardi l’anno. Ma lavorare per l’ambiente potrebbe voler dire anche operare per la prevenzione all’interno del sistema industriale, sempre desideroso di ottimizzare tempi, risorse e “know-how”: le nuove sfide della competititività e della globalizzazione spingono a ricercare risparmi energetici e sinergie produttive all’interno delle aziende, a caratterizzarsi con etichette di “amici dell’ambiente”, tutte componenti che aprono interessanti prospettive di lavoro. Il capitolo dedicato nel libro alla “burocrazia verde” è invece piuttosto desolante non per ciò che prospetta (è comunque utile pensare “positivo”!) ma per l’analisi dell’esistente: meglio dunque guardare in faccia la realtà ma darsi da fare perchè questa cambi alla svelta... In sintesi dunque uno sguardo prospettico su ciò che l’ambiente nel suo complesso può offrirci: sta a tutti noi, ora, offrire qualcosa del nostro impegno e delle nostre capacità per il suo futuro che è, poi, non dimentichiamocelo, anche il nostro.

Stampa