Portaerei da ridere… portaerei da piangere

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Portaerei da ridere… portaerei da piangere

 

Quella che un tempo fu la gigantesca portaerei Minsk (42 mila tonnellate di stazza, 300 metri di lunghezza, la quinta portaerei più grande del mondo nel 1978) si trova ora in Cina trasformata nel punto focale di un parco di divertimenti tematico.

Dopo il tracollo dell'Unione Sovietica, nel 1991, la Minsk venne tolta dalla circolazione senza che avesse mai sparato un solo colpo ostile. E quando la Russia iniziò a svendere sottocosto quel che restava dell'enorme macchina bellica dell'Urss, un paio di uomini d'affari cinesi colsero subito l'occasione al volo. La portaerei venne venduta a una compagnia sudcoreana, che la rivendette a sua volta ai cinesi dopo che la Marina russa l'ebbe spogliata di tutti i sistemi d'arma e delle tecnologie che voleva rimanessero segrete. Per un prezzo stracciato (4 milioni di euro, a cui va però aggiunto un successivo investimento di 22,5 milioni per trasformare la nave in struttura da intrattenimento) i cinesi misero le mani sulla Minsk, il più fulgido dei gioielli della flotta sovietica del Pacifico.

La Minsk è da cinque anni nella lista delle "mete da non perdere" nella città sud-orientale di Shenzhen, vicino a Hong Kong. Dal settembre 2000, quando ha aperto i battenti, è stata visitata da più di cinque milioni di persone, generando entrate per oltre 450 milioni di yuan. Ma se il parco è sempre stato in attivo, la società cui la nave appartiene ha fatto investimenti sbagliati e alla fine il tribunale di Shenzhen ne ha dichiarato la bancarotta. I guadagni di un'eventuale vendita della portaerei potrebbero in parte ripagare il debito, e infatti la Minsk è stata messa all'asta alla fine di marzo: ma i 131 milioni di yuan (14 milioni di euro) richiesti sono stati considerati anche dagli acquirenti più folli un prezzo tutto sommato un tantino eccessivo.

Recentemente gli ambientalisti hanno formalmente chiesto alla società proprietaria di dire addio alla Minsk utilizzandola come barriera artificiale al largo di Sai Kung, a Hong Kong: affondarla incoraggerebbe la crescita di coralli e rigenererebbe la vita acquatica dell'intera costa orientale.

Insomma, difficile dire quale futuro attende la Minsk. Ma nel frattempo lo spettacolo deve continuare. Tanto più che, nella Cina aperta al mercato, già si profila all'orizzonte la temuta concorrenza. Altre portaerei sovietiche sono infatti in procinto di essere tirate fuori dalla naftalina e trasformate in parchi divertimenti…

E chissà che ai cinesi non interessi acquistare un altro glorioso cimelio della grandeur navale, salvandolo dal suo attuale status di “ferro vecchio dei 7 mari”?

Dopo aver vagato senza meta nel Mediterraneo per due anni, l'onorata carriera della portaerei francese Clemenceau, mostro d'acciaio da 265 metri e 24 mila tonnellate, era destinata a terminare la sua esistenza in India: destinazione finale, Alang, distretto di Gujarat, il più grande sito di demolizione navale del mondo.

La Clemenceau doveva però attendere il giudizio della Corte Suprema indiana che avrebbe dovuto decidere se far entrare o meno la nave nelle sue acque territoriali, previo accertamento da parte della Commissione indiana sui rifiuti tossici. La Clemenceau, come tutte le altre navi, porta con sè un vasto campionario di sostanze nocive: vernici a base di piombo, altri metalli pesanti come il cadmio e l'arsenico, componenti elettrici ed equipaggiamenti contenenti bifenile policlorinato (Pcb), un composto altamente tossico utilizzato come refrigerante nei trasformatori e, soprattutto, decine di tonnellate di amianto.

Le autorità egiziane avevano bloccato per tre giorni la portaerei di fronte al canale di Suez, dove gli attivisti di Greenpeace avevano compiuto un'azione dimostrativa per suscitare l'attenzione internazionale e impedire il transito della nave attraverso il Canale in rotta verso l’India.

Solo in extremis la portaerei è stata bloccata al largo delle acque territoriali indiane da una sentenza del Consiglio di Stato francese che ha deciso di smantellare in patria la nave.

Peraltro l'India ha bandito nel 1997 l'importazione di navi che contengono sostanze tossiche, in conformità con la Convenzione di Basilea. Questa stabilisce che le navi dei Paesi membri dell'Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) devono essere smantellate negli stessi Paesi aderenti all'organizzazione, e non altrove. Tali proibizioni vengono però sistematicamente ignorate, rendendo il lucroso commercio delle navi un affare illegale, oltre che immorale. A seconda della stazza, ogni singola nave frutta agli acquirenti milioni di euro. Gli operai guadagnano meno di 2 euro al giorno. E muoiono di malattie la cui diffusione è agevolata dalle terribili condizioni di lavoro nell'area dei cantieri: tra queste lebbra, malaria, colera, problemi respiratori, dissenteria e tubercolosi.

E' perché la vita di un indiano vale meno di quella di un francese, o di un italiano, che navi come queste (e tante altre navi battenti bandiere diverse) continuano indisturbate a solcare le acque internazionali, facendo rotta verso l'inferno di Alang?

 

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Informazione di base:

http://it.wikipedia.org/wiki/Alang

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La sporca demolizione delle navi in Asia continua:

http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=12562

Sull'argomento:

http://www.lastampa.it/2013/09/20/esteri/a-mani-nude-e-a-martellate-cos-muore-una-nave-LaoxIEKMokITKjDvAAM9zN/pagina.html