Tiziano Terzani – L'utile e il profitto come fine della mentalità scientifica

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Tiziano Terzani – L'utile e il profitto come fine della mentalità scientifica

(Brano tratto da: “Tiziano Terzani: la rivoluzione dentro di noi” di Gloria Germani – Longanesi, 2008)

 

[Come i «commentari» accompagnano in Oriente i testi dell'antica saggezza spirituale, Gloria Germani, indologa, accompagna in questo libro i testi di Tiziano Terzani, inserendone l'incessante ricerca volta a dare un senso alle cose e alla vita in una prospettiva storica e filosofica di ampio respiro.

Facendo dialogare saperi spesso a torto considerati in antitesi, come il pensiero orientale da un lato e la tradizione mistico-filosofica occidentale dall'altro, l'autrice mostra come l'anelito a una non violenza che abbracci anche il rapporto tra uomo e natura sia l'unica strada percorribile.

Solo liberandoci dai dettami imposti dal nostro modo di vedere le cose e rinunciando a ogni conflittualità può avvenire quella lenta, silenziosa ma inesorabile rivoluzione interiore che Terzani ha perseguito e infine realizzato.

L'auspicio di Tiziano-Anam, «il Senzanome», a osservare questo nostro mondo come dall'alto di una montagna, con la distanza necessaria per comprenderlo e riscoprirne l'intima bellezza, è quindi un invito reale e concreto per provare a cambiarlo veramente. Grazie all'unica rivoluzione possibile: quella che decidiamo di far avvenire dentro di noi.]

 

Una recensione del libro di Gloria Germani su Terzani:

http://archiviostorico.corriere.it/2008/dicembre/23/Cosi_Terzani_smise_cercare_verita_co_9_081223079.shtml

 

Informazioni biografiche:

http://it.wikipedia.org/wiki/Tiziano_Terzani

 

Il sito ufficiale:

http://www.tizianoterzani.com/

 

Alcuni video di Terzani:

http://video.google.it/videosearch?q=Tiziano%20Terzani&sourceid=navclient-ff&rlz=1B2GGGL_itIT206IT208&um=1&ie=UTF-8&sa=N&hl=it&tab=wv#

 

Il film su Terzani:

http://www.movieplayer.it/news/10825/la-fine-e-il-mio-inizio-un-biopic-su-tiziano-terzani/

 

* * *

 

(...) Mentre era a New York, Terzani rifletteva: «Tutto il mondo funziona ormai così: il mercato è tutto quello che conta, la sola moralità è quella del profitto e ognuno arranca come può per sopravvivere a questa giungla».

Piuttosto che pensare di poter smussare la questione, proviamo a chiederci: perche è così? Risposta: perchè l'utile è esattamente il fine e anche il presupposto della « mentalità scientifica ». Se la mentalità scientifica si fonda sull'assunto che esista un mondo materiale, separato dalla mente, dalla coscienza, e che questo mondo può essere conosciuto, dominato concettualmente e conquistato, non è f orse proprio il suo utilizzo, il suo uso, a costituire il fine ultimo delIa scienza?

II mondo, quindi, una volta dominato attraverso la scienza, non ha più valore di per sè, ma solo perche è utile, o strumentale, per qualcos'altro. Così come Ie Guardie Rosse fondevano i secolari bronzi cinesi, perche non erano utili ed era meglio utilizzare il bronzo per farne martelli, anche nell'Occidente capitalista « tutto deve essere utile e se non è utile non ha alcun valore». Cosl si esprimeva Swami Dayananda, un autentico "maestro (swami) della tradizione induista del Vedanta, con cui T erzani aveva deciso di passare tre mesi nel 1999 e di cui condivideva I'opinione, tanto da affermare: « Per noi occidentali, la sola conoscenza che conta e si rispetta è quella dell'utile, per manipolare, possedere, cambiare e dominare il mondo».

Terzani si è spesso soffermato suI senso dell'economia, questo aspetto cosl basilare del nostro sistema di vita che ci appare ineluttabile al punto che non osiamo neppure interrogarci sui suoi presupposti. Gia ai tempi di “Un indovino mi disse” notava con rammarico che l' economia, con la sua pretesa scientificità, si fonda su una serie di criteri che escludono il più importante di tutti: la vita. Quando valutiamo un paese, andiamo a vedere, secondo criteri economici, il suo Prodotto intemo lordo; consideriamo il numero di frigoriferi, di automobili, di cellulari pro capite. Mai, però, ci domandiamo se Ie persone sono contente o felici, secondo un'idea di felicità percepita all'interno delIa cultura di cui stiamo parlando. E Terzani conclude: «Tutto lo sforzo economico moderno è fondato suI concetto che lo sviluppo è crescita, crescita, crescita ». Ma l'idea degli economisti, secondo cui solo consumando di più, producendo di più, si progredisce, avverte Terzani, è pura follia. Anche perchè consumare significa, in fin dei conti, consumare Ie risorse delIa Terra: «A volte abbiamo persino l'impressione che la nostra vantata civiltà, tutta fondata sulla ragione, sulla scienza e suI dominio di quello che ci circonda, ci abbia portato in un vicolo cieco, ma tutto sommato pensiamo ancora che proprio la ragione e la scienza ci aiuteranno ad uscirne. E così continuiamo imperterriti a tagliare foreste, inquinare fiumi, seccare laghi, spopolare gli oceani, allevare e massacrare ogni sorta di animali, perche questo - ci dicono gli scienziati economisti - produce benessere. E col miraggio che più benessere vuol dire felicità, investiamo tutte Ie nostre energie nel consumare, come se la vita fosse un eterno banchetto romano in cui si mangia e si vomita per poter rimangiare! » Al contrario, nell' antica Cina, per esempio, un mandarino assumeva il suo incarico ricevendo un certo numero di ponti, di strade, di palazzi.. Dopo dieci anni, consegnava al suo successore Ie stesse cose mantenute e ben funzionanti. Era normale e giusto che non fossero aumentate di numero.

A proposito dei nostri economisti, Terzani si domanda: « Cosa sanno dirci sull' avidità che sta distruggendo il mondo in nome di quello che loro stessi, magari, definiscono progresso? » Ci troviamo davanti a un paradosso. « Parole come ingordigia, avidità, egoismo non compaiono certo nei libri di economia e gli stessi economisti continuano a praticare la loro scienza come se non avesse niente a che fare col destino dell' umanita. E guardava con compassione ai manager. Hanno l'illusione di avere un potere immenso: dall'ufficio di una multinazionale possono, con un clic suI computer o una telefonata, spostare immense quantità di denaro e determinare il futuro di molte persone. Eppure, altrettanto velocemente, possono essere rimossi perchè la loro decisione è stata giudicata sbagliata. I manager hanno una vita estremamente aleatoria come il sistema economico di cui sono strumenti esecutivi.

C'e un'immagine molto bella in “Un indovino mi disse”: Tiziano e sua moglie Angela stanno viaggiando su una nave portacontainer italiana, in rotta da La Spezia verso Singapore. Mentre si godono lunghe giornate di ozio a rimirare il mare, sempre diverso, sempre straordinario, a frugare nei loro ricordi e nei loro pensieri, apprendono che la nave sarebbe stata da lì a poco venduta e i marinai italiani, con tutto il loro bagaglio di conoscenze accumulate magari di generazione in generazione, sarebbero stati sbarcati. Non erano più utili; meglio strumenti di navigazione computerizzati e un equipaggio asiatico pagato meno di cinquanta dollari al mese. Seduto a poppa, Tiziano si domandava: «Quanto ancora potrà durare un mondo così, retto esclusivamente dai criteri incolti, disumani ed immorali dell'economia?».

Soffermiamoci a riflettere. Per alimentare la sua continua crescita, il nostro sistema di vita deve creare bisogni ancor prima che prodotti. Ecco perche l'economia è sempre legata al marketing. Ilprincipio fondamentale del marketing è quello di indurre un bisogno, un desiderio, che prima non c' era. Ancorchè uomini, avvertiva Terzani, siamo considerati come «consumatori a cui vendere prima gli stessi desideri e poi gli stessi prodotti ».E in un' altra occasione precisava: «Ma questa creazione del bisogno è un automatico meccanismo di infelicità».

Se prendiamo in considerazione una visione del mondo diversa, come quella buddista, per esempio, ci renderemo conto che il principio del marketing - indurre e creare un desiderio - è proprio l'esatto contrario delIa sapienza insegnata da Buddha. IL principe Gautama, che visse circa sei secoli prima di Cristo, lasciò in segreto il palazzo e il regno di suo padre e si dedicò all' ascetismo per molti anni. AlIa fine di questa lunga e faticosa ricerca, seduto sotto l'albero Bo, sperimentò l'illuminazione tanto che da quel momento fu chiamato il Buddha: “il Risvegliato”. Assorto in quella straordinaria esperienza, comprese che quanto da lui sperimentato era difficilmente esprimibile in parole, ma alIa fine offrì i suoi consigli come un medico dello spirito. Fece quattro dichiarazioni, che costituiscono l' essenza delIa dottrina buddista: Ie cosiddette Quattro Nobili Verita.

La Prima annuncia che « tutta la vita e sofferenza »; la Seconda che la causa delIa sofferenza è il desiderio»; la Terza che «è possibile eliminare la sofferenza » e la Quarta, infine, concerne Ie maniere di vivere attraverso cui è possibile estinguere quello stato mentale che è il desiderio e raggiungere quindi la pace.

Il principio del marketing, che regge la nostra intera economia, dunque, è esattamente l'opposto di ciò che insegna la Seconda Nobile Verita del buddismo: la causa delIa sofferenza è il desiderio. Ma è anche agli antipodi di ciò che l'induismo ha sempre ribadito. Nella Baghavadgita è Krishna stesso a dire: «E' il desiderio, questa passione furiosa e irosa che è il grande male, la grande brama. Sappi che nel nostro mondo questo è il peggior nemico. Come il Fuoco e avvolto dal fumo, come il bambino nell'utero dalla placenta, così la ragione è avviluppata dal desiderio ». E il desiderio, la sete, la brama, questo continuo tendere verso qualcosa che è fuori di noi, ciò che ci rende insoddisfatti e provoca il nostro stato di sofferenza. Ogni aumento dei desideri aumenta la nostra dipendenza da entità esterne, su cui non possiamo avere il controllo e così accresce la nostra paura esistenziale.

La pubblicità non fa altro che aumentare e incrementare a dismisura la nostra tendenza a cercare fuori di noi la nostra soddisfazione. Il marketing è una sorta di grande megafono, che amplifica Ie nostre illusioni più puerili: ci impone di essere giovani e la giovinezza passa, ci impone di essere belli e la bellezza sfiorisce, ci impone di essere sensuali, ma tutta questa sovraesposizione all' erotismo non fa che svilire ogni sana attrazione. Terzani scriveva: «L'industria delIa pubblicità e quella delle pubbliche re!azioni sono ormai due sofisticatissimi sistemi di manipolazione della mente e non c'e· più nulla, da Dio a un prodotto elettronico a una guerra, che non venga abilmente impacchettato e presentato in una qualche illusionistica formula di parole o in una qualche scatola lucida e colorata da lanciare suI mercato ». E appena arrivato dall'India, davanti a un folto gruppo di studenti ironizzava: « Sono scandalizzato dal 'progresso' che avete fatto senza di me. Sono tornato in Italia, ho aperto il giornale ed ho visto una donna nuda seduta che sculacciava un uomo con una scarpa: la reclame di una marca di pantaloni. Poi volto pagina e si vedono due che fanno l' amore, l'uomo mi pare che sta sopra e la donna sotto, lui guarda una macchina invece che la faccia della sua partner. Ma come? State impazzendo? Vi sta andando il cervello in acqua? Vi sta andando il cuore in acqua? ».

La pubblicità è in effetti, un tipo particolare di linguaggio: un linguaggio molto potente, che parIa attraverso immagini, cose visibili, cose esterne che si vedono. Per sua natura, la pubblicità porta tutta l'attenzione sul corpo, ci fa credere che non ci sia nient'altro oltre al corpo. E Terzani si domandava: «E' possibile che parte delIa nostra inquietudine di occidentali ci venga dal fatto che vogliamo sempre occuparci di quel che succede neI mondo e. spesso anche cambiarlo? ».

Non dobbiamo stupirci, dunque, se oggigiorno la "depressione e la malattia dilagante delIa società occidentale. E il nostro stesso sistema economico, con la sua potentissima pubblicità, a istillarne i germi. Terzani spesso si riferiva ai « giovani occidentali persi nel grasso della ricchezza e così poveri spiritualmente », come a persone che comprano in maniera maniacale merci e sempre più merci, proprio per compensare quell'insoddisfazione che è insita nel cercare appagamento nel possesso di oggetti esterni.

Per il buddismo è evidente che Ie attitudini mentali generate dal desiderio e dalla bramosia, destinate a perpetuarsi perfino oltre la morte, non possono condurre alIa felicità. L' essenza dell'insegnamento buddista consiste nel mostrare che nè il nostro io, nè Ie cose che consideriamo esterne hanno un'esistenza separata, autonoma, indipendente. In questa maniera il « Cammino di Mezzo» riesce a scardinare alla base il meccanlsmo psicologico del desiderio, nonchè il rapporto strumentae che instauriamo tanto con Ie cose, quanto con Ie persone.

Il pensiero induista, d'altro lato, sa altrettanto bene quale meccanismo condiziona Ia nostra conoscenza e la lega all'interesse strumentale per gli oggetti esterni. Lo ha studiato con grande attenzione ed estremo realismo: è Ia scienza dell'utile, dell'economia, del successo e anche della politica. Tale ambito viene indagato come un fattore importante delia vita umana, ma non è affatto ritenuto un modo per giungere alIa felicità o alla pace. II pensiero indiano è ben cosciente che la pace risiede in tutt' altro contesto!

In Occidente tendiamo a pensare invece che quest'ambito esaurisca il mondo. Altrimenti detto: noi moderni siamo immersi in una mentalità scientifica, Ia quale, fondandosi sull' assunto che esista un mondo materiale separato dalla mente, pensa che questo mondo possa essere dominato e asservito ai nostri desideri. E quindi l'utilizzo di questo mondo, l'« uso» che ne possiamo fare, a rappresentare il fine ultimo della nostra mentalità scientifica.(...)