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VIA ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE IN ITALIA!

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Treviso. «Sono sull’argine del Piave, laggiù in mezzo all’acqua c’è una casa e gli abitanti stanno caricando qualcosa su un gommone. Devo avvertirli: stanotte il fiume salirà ancora di un metro», dice Antonio Rusconi, Segretario generale dell’Autorità di bacino dei fiumi veneti.
Cronaca drammatica di un disastro ambientale non certo casuale, a cui ha contribuito anche l’incuria umana: «Non si curano i boschi, che diluiscono nel tempo la pioggia. Per costruire case e aree produttive in quei terreni comodi per noi, abbiamo costretto il fiume nel cemento... ma il cemento non difende. Il cemento concentra e accelera...».
Quale la soluzione? «Interventi strutturali, come le opere di ingegneria idraulica - prosegue il dott. Rusconi - ma soprattutto dobbiamo cambiare il comportamento, l’urbanistica, i piani regolatori... Da 12 anni abbiamo una legge sulla difesa del suolo, bella e importante, poco applicata. Sono stati fatti alcuni interventi, qualche piano di bacino. È stato stanziato appena il 20% del fabbisogno finanziario.»

La cronaca dei disastri naturali di queste ultime settimane (il terremoto in Molise, l’eruzione dell’Etna, le alluvioni sull’Italia settentrionale) riempie i giornali, attraverso i servizi televisivi porta nelle nostre case il dolore e la disperazione degli sfollati “per cause ambientali”.
Ma, come detto, alla forza della natura si aggiunge spesso l’imprudenza umana e il nostro Paese, da tanto tempo ormai, ha avuto testimonianze terribili di tutto ciò.
Dopo ogni disastro ambientale, quasi puntualmente, si è corsi ai ripari con indagini giudiziarie e parlamentari, con interventi finanziari a pioggia e con provvedimenti legislativi volti talvolta solo ad affrontare l’emergenza (sic!).
Il nostro paese brilla per background culturale e legislativo nella redazione di leggi e piani assai nobili ed ispirati, ma non altrettanto può dirsi per la loro effettiva realizzazione.

 

1993 - 2002: dieci anni di sviluppo sostenibile?

Abbiamo già in passato dovuto occuparci del “Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile” del 1993, forse il documento più bello e completo ma anche quello che, perfino sul piano della divulgazione, non ha lasciato traccia di sé.
Per raggiungere lo sviluppo sostenibile il documento di allora sottolineava con vigore le seguenti necessità:
• l’integrazione delle considerazioni ambientali in tutte le strutture dei governi centrali e in tutti i livelli di governo per assicurare coerenza tra le politiche settoriali;
• un sistema di pianificazione, di controllo e di gestione per sostenere tale integrazione;
• l’incoraggiamento della partecipazione pubblica e dei soggetti coinvolti, che richiede una piena possibilità di accesso alle informazioni.
Si trattava, allora, come si può capire, di tre capisaldi di difficilissima realizzazione perché, al di là delle difficoltà di ordine politico, legislativo e amministrativo, presupponevano una mentalità individuale e cooperativa ancora lontana anni luce da tali obiettivi.
Purtroppo anche oggi il nostro Paese non brilla affatto per concordia di intenti, per azioni concertate, per univocità di propositi.

 

Mancanza di sensibilità ambientale?

Eppure il nostro paese è stato duramente toccato da alluvioni, terremoti, frane, siccità, incrementi di temperature. La recente “Comunicazione nazionale sui cambiamenti climatici” - documento che l’Italia, come gli altri Paesi che aderiscono alla Convenzione sui cambiamenti climatici dell’ONU, si è impegnata a presentare ogni tre anni - testimonia scientificamente quanto tutti noi abbiamo empiricamente avuto sotto gli occhi.
Aumenta la temperatura e, con essa, i fenomeni estremi come alluvioni, burrasche, trombe d’aria e siccità: l’intensità e la concentrazione delle piogge aumenta nelle regioni settentrionali, mentre il sud galoppa verso l’aridificazione, le risorse idriche sono in calo. I nostri mari sono sempre più salati a causa dell’aumento dell’evaporazione. Mentre per la Terra l’aumento delle temperature medie globali è stato di circa 0,6 gradi in quest’ultimo secolo, in Italia (secondo i dati dell’ENEA, che ha curato il Rapporto) tale aumento è salito a 0,8 gradi, un incremento modesto ma sufficiente a caricare di maggiore energia l’atmosfera e ad esasperarne il dinamismo.
La responsabilità del degrado comunque non è solo del cambiamento climatico generale, ma anche dell’uomo e della cattiva gestione del suolo, dei corsi d’acqua, degli invasi e delle falde sotterranee, precisa il documento scientifico.

 

Se la vostra casa fosse a rischio, voi cosa fareste?

Di fronte a questi dati, di fronte a questi fatti, quale che sia il vostro orientamento politico, che tipo di reazione avreste?
Come testimoniano tanti sondaggi e statistiche, il degrado dell’ambiente è una delle prime preoccupazioni di un numero sempre crescente di uomini e donne. Eppure il paradosso della crisi ambientale è che non si riesce a trasformare questa consapevolezza in azioni propositive, in politiche sensate e risolutorie.
Le pagine di quotidiani e settimanali solo marginalmente affrontano questi problemi: spazi ben maggiori sono riservati al pettegolezzo politico-economico, al gossip mondano, ai grandi problemi del calcio miliardario, che, si sa, fa più “cassetta”...
Il “potere” non è nemmeno sfiorato dall’idea di coinvolgersi in queste vicende a meno che non ci sia una commistione fra interessi pubblici e affari privati...
Arre protette o demaniali, centri storici, boschi, coste, fiumi, malgrado dieci anni di politiche di salvaguardia, sono sempre sotto l’insidia di speculazioni ed inquinamenti: basta una leggina, una sanatoria, un provvedimento amministrativo, un condono per far saltare i buoni propositi di leggi-quadro, di concertazione, di sviluppo sostenibile...
La tutela dell’ambiente, del paesaggio, della nostra salute non può essere “di parte” e come tale gestita solo con la forza dei voti da parte di una maggioranza su una minoranza: si tratta di risorse irriproducibili e quindi una volta deteriorate o distrutte, non si potranno ricostituire. 

 

Una speranza per i prossimi dieci anni

Forse dovremo aspettare altri 10 anni di disastri “ambientali”, un’altra Conferenza dell’ONU sullo sviluppo sostenibile, un altro Piano nazionale d’azione…
Tutto dipenderà dal nostro grado di coinvolgimento nella gestione della nostra “casa” e dalla pressione che sapremo esercitare sul potere politico, economico, culturale affinché l’impegno prenda il posto dell’inerzia e si possa porre rimedio agli insostenibili modelli produttivi, distributivi e di consumo che stanno portando il nostro pianeta verso un futuro che non potrà più garantire risorse sufficienti per soddisfare i bisogni dell’umanità.
Fondamentale resta, tanto quanto il richiamo che costantemente lanciamo ai nostri governanti, l’assumere atteggiamenti e stili di vita coerenti e responsabili. Appare sempre più evidente, infatti, che al centro della contraddizione, ma anche della soluzione, vi siano gli individui stessi, ogni essere umano con i suoi comportamenti, le sue abitudini, le sue attività, la sua filosofia di vita.
Si potrebbe obiettare che le scelte unilaterali ben poco possono di fronte a grandi fenomeni come la globalizzazione, la corsa sfrenata dei mercati o l’ingiustizia strutturale causa dell’aumento continuo della miseria nel mondo. Si potrebbero indicare i governi e le grandi istituzioni internazionali come i veri responsabili di politiche di cambiamento.
La sfida riguarda probabilmente l’uno e l’altro: scelte di comportamento ecologicamente responsabili da una parte (senza aspettarsi che qualcun altro ci pensi) e fare pressione sulle leve del potere politico, sempre più ostaggio di interessi economici di corto respiro, affinché lo sviluppo si traduca in un’evoluzione cosciente del genere umano.
In un recente discorso sullo stato dell’infanzia nel mondo il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ribadiva gli impegni presi nella Dichiarazione del Millennio, una lista di obiettivi da realizzare entro il 2015 sui quali tutti i leader del mondo si sono accordati.
In questa dichiarazione si ricordavano i traguardi significativi che singoli Paesi o l’umanità tutta è stata capace di raggiungere in 15 anni: dalla conquista dello spazio alla debellazione del vaiolo, dalla fine dell’apartheid alla firma del trattato che mette al bando le mine antiuomo.
«Che cosa hanno in comune questi successi che vi ho ricordato? Hanno in comune il fatto di essere stati raggiunti perché i popoli si sono impegnati ad usare i loro cervelli e i loro cuori per cooperare e per raggiungere gli obiettivi che si erano prefissi.»
Se i popoli sono riusciti a raggiungere questi obiettivi nell’arco di 10 o 15 anni, il tempo d’un infanzia, la speranza di un mondo migliore continuerà ad illuminare il nostro lavoro perché i bambini di oggi possano scoprire la bellezza di una vita degna di essere vissuta.


Bibliografia

Comitato interministeriale per la Programmazione economica (2002) Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia. Deliberazione n. 57/2002. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. 30 ottobre 2002
Parlamento e Consiglio Europeo (2002): Istituzione dl Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente. Decisione n. 1600/220/CE del 22 luglio 2002. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 7 novembre 2002.
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (2002): Approvata dal CIPE la Strategia nazionale di Sviluppo Sostenibile in vista di Johannesburg. Comunicato stampa.
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (2002): Le politiche di sviluppo sostenibile. Comunicazione del Ministro Matteoli al Consiglio dei Ministri (5 ottobre 2001)
F. Manzione (1994): L'impegno italiano per la risoluzione dei problemi ambientali. Cultura e Natura n. 4 ottobre-dicembre 1994
G. Valentini (2002): L’Italia e l’ambiente: un disastro annunciato. La Repubblica, 9 maggio 2002
J. Giliberto (2002): Il nodo è la prevenzione. Il Sole-24Ore, 27 novembre 2002
S. Marelli (2002): Johannesburg: riflessioni sul Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile. Notiziario CISP n. 15 agosto-ottobre 2002
K. Annan (2002): Il diritto al futuro. La Repubblica, 9 maggio 2002
C. Baker (2002): Quando l’uomo diventerà “sostenibile”. Il Mondo Domani. UNICEF.n. 3 marzo 2002

 
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