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UN'ALIMENTAZIONE PER IL BENESSERE UMANO E AMBIENTALE

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Agronomo – Direttore di Cultura e Natura Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. email Autore

 

Verso la rinascita cosciente di una antica cultura agro-alimentare

Colo, is, colui, cultum, colere:
adorare, rispettare, venerare, coltivare, lavorare la terra,
abitare, dimorare, aver cura, onorare,
preparare, aggiustare, conservare.

Dal "Vocabolarium Latinum et Italicum
ad usum Regiae Taurinensis Academiae"
Tomus Secundus,
Venetiis, MDCCLXXVI

 

Le ultime vicende che hanno sollevato più di un velo "pietoso" sulle modalità della produzione alimentare nel continente euopeo (e non solo) e sulla gestione anch'essa affatto trasparente dell'informazione sulla sicurezza alimentare dei prodotti che giungono sulle nostre tavole, ripropone con forza la necessità di interrogarci sul valore che attribuiamo all'alimentazione e, di conseguenza, alle modalità produttive da cui scaturiscono i cibi di cui ci nutriamo.
L'antica traduzione del verbo latino sopra riportata racchiude in sé la sacralità di un lavoro antico vissuto nella conoscenza e nel rispetto dei tempi della natura.
La crisi di un modello produttivo avulso da questo rispetto, ispirato a valori antitetici a quelli della salute dell'uomo, ci spinge tutti ad interrogarci sul grado di conoscenza che ognuno dovrebbe avere su ciò su cui si fonda il nostro benessere.
Il diritto all'informazione da parte dei cittadini di uno Stato deve più che mai divenire dovere morale dell'individuo attraverso la fruizione di un adeguato sistema di educazione alimentare fin dalle prime classi della scuola.
Solo quando tutti avranno, attraverso una adeguata e trasparente opera di formazione, piena coscienza delle trasformazioni tecnologiche che sempre di più incombono sui nostri cibi, solo allora il cittadino potrà davvero scegliere.


Gli italiani e l'informazione alimentare: un sondaggio che la dice lunga

Nel aprile del 2000 l'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) ha effettuato un'indagine campionaria per studiare la percezione dei consumatori italiani su alcuni temi riguardanti la sicurezza alimentare. Ecco in breve i risultati di questa indagine:
· Irradiazione degli alimenti: il 49% degli intervistati non ne ha mai sentito parlare;
· Ingegneria genetica applicata agli alimenti: il 32% ne ignora l'esistenza;
· Additivi negli alimenti: il 12% dei consumatori non sa di che si tratta.
Su questi argomenti la maggior parte degli intervistati, comunque, si dichiara "molto preoccupato" dei rischi ad essi associati e ritiene "molto probabile" che la sua salute ne venga danneggiata.

Il livello di conoscenza dei rischi alimentari per la salute umana è piuttosto basso. Quasi la metà del campione infatti "conosce poco" di ciascun argomento considerato, in particolare dell'ingegneria genetica applicata alla produzione alimentare.
Per quanto riguarda la percezione del rischio, i consumatori si dicono "molto preoccupati" per i rischi associati ai residui dei pesticidi negli alimenti (il 55%), alla contaminazione batterica degli alimenti (il 56%) e alla carne di "mucca pazza" (il 57%). Analogamente, il 54% ritiene "molto probabile" che la sua salute venga danneggiata da alimenti che contengono residui dei pesticidi utilizzati in agricoltura, il 49% da alimenti che contengono microrganismi patogeni (salmonella, botulino, ecc.), il 47% da carne di bovini affetti da BSE.
La maggioranza dei rispondenti è "molto d'accordo" nel ritenere che il governo, l'industria e gli agricoltori/allevatori siano responsabili della sicurezza alimentare, ma include tra i principali responsabili anche la Commissione europea. Il consumatore e i distributori di alimenti, questi ultimi visti separatamente dall'industria, sono considerati invece meno responsabili. D'altra parte, molti sono "moderatamente d'accordo" quando si afferma che la sicurezza alimentare è ben garantita dal governo, l'industria alimentare e gli agricoltori/allevatori.
La maggior parte degli intervistati dichiara di rivevere "molta" ovvero "abbastanza" informazione sulla sicurezza alimentare da parte della televisione. Al contrario, il 43% dei soggetti dichiara di non ricevere nessuna informazione (cioé "per niente") sulla sicurezza alimentare dal proprio medico personale.
Sulla fiducia nelle varie fonti di informazione, la maggioranza dei rispondenti ha "molta fiducia" nelle associazioni dei consumatori e negli istituti di ricerca, ma anche nei gruppi ambientalisti e nel Ministero della Sanità. I giornalisti ed il governo, invece, riscuotono il più basso grado di fiducia in quanto si attribuisce loro una "poco adeguata" conoscenza sui rischi alimentari per la salute umana. Comunque una quota consistente di consumatori giudica "poco complete" le informazioni sui rischi alimentari per la salute umana divulgate dalle varie fonti.


La Conferenza Nazionale per l'Educazione alimentare

Un quarto di secolo divide la Prima dalla Seconda Conferenza Nazionale per l'Educazione Alimentare. Venticinque anni, una generazione appena, che però hanno visto il cambiamento di stili di vita, di conoscenze scientifiche, di tecnologie produttive, di abitudini alimentari, temi sui quali nutrizionisti, giornalisti, insegnanti, medici, antropologi, tecnologi degli alimenti si sono confrontati a Roma, dal 15 al 17 febbraio scorsi, presso la sede della FAO.
Scopo della Conferenza (promossa dal Ministero della Pubblica Istruzione, dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e dall'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) era di fare il punto su queste nuove realtà e di studiare le più aggiornate strategie di intervento - in termini di contenuti, indirizzi e metodologie - per una più ampia diffusione dell'educazione alimentare e, più in generale, per una migliore informazione alimentare.
La prima giornata dei lavori ha messo a fuoco l'evoluzione dello scenario alimentare in Italia, delineando, da diverse angolazioni, il quadro generale di riferimento e gli interventi di educazione alimentare nella scuola e nella società.
Sempre più attuale è il problema della qualità, sicurezza e diversità dei prodotti agro-alimentari a cui è stata dedicata un intera sessione, seguita da quella volta a delineare l'evoluzione delle linee-guida nutrizionali sia a livello nazionale che europeo.
Il secondo giorno della Conferenza é stato dedicato ai workshop (Educazione e prevenzione nella scuola; Il ruolo dei media; Contenuti, mezzi e canali per l'informazione alimentare nelle scuole e nella società) che ha visto l'attiva partecipazione delle molti componenti presenti nel pubblico che ha seguito i lavori di questa Conferenza, conclusasi poi con una tavola rotonda che ha visto il confronto con le varie istituzioni che, a vario titolo, lavorano nell'ambito dell'educazione alimentare nel nostro Paese.

L'italiano a tavola: nuove mutazioni o vecchie tradizioni?

La grande tradizione della cucina italiana rispecchia da sempre un valore aggiunto che il nostro popolo attribuisce al mangiare: al pasto è sempre stata associata la tavola apparecchiata, la famiglia riunita, il concetto di "convivialità", il 'vivere insieme' che, dai Latini, a Dante, da Machiavelli a Pascoli attraversa nei secoli la cultura italiana.
La relazione del Direttore centrale dell'ISTAT, Linda Laura Sabbadini, su "Stili di vita e alimentazione", conferma la centralità del pranzo a casa come pasto principale (il fast food è ancora prevalentemente un modo per impiegare il tempo libero) anche se il lavoro condiziona gli stili di vita e l'alimentazione (gli stili alimentari meno salutari sono appannaggio per lo più degli uomini, occupati, nelle grandi metropoli del Centro Nord del Paese).
I bambini rappresentano un segmento di popolazione particolarmente esposto: per 890 mila bimbi delle materne e circa 700 mila delle elementari è cruciale la qualità dell'alimentazione delle mense scolastiche, dal momento che il pranzo come pasto principale nel 74% dei casi avviene proprio nelle mense.
Secondo l'indagine dell'ISTAT dal 1994 al 1999 l'obesità della popolazione è aumentata del 25%.
Il 9,1% della popolazione maggiorenne è obesa (circa 4 milioni di persone - l'apice dell'obesità è raggiunta dai 55 ai 64 anni ed interessa maggiormente le persone di status sociale e culturale più basso), il 33,4% è in sovrappeso, tutto ciò frutto di una vita sempre più sedentaria.
Vi è anche da dire che emerge da questa indagine un settore attento a comportamenti salutari (consumare una colazione adeguata, controllare il proprio peso, porre attenzione alle date di scadenza dei cibi, leggere gli ingradienti sull'etichetta, praticare attività fisica o sportiva almeno una volta a settimana).
Altre indagini dimostrano che malgrado una diminuzione dei consumi alimentari nell'ultimo decennio e dell'introito energetico medio (calato a circa 2200 kcal/giorno) non si osserva un parallelo calo della prevalenza del sovrappeso (circa un adulto su due ha questo problema) e dell'obesità della popolazione, anche tra i bambini e gli adolescenti (circa 1/5 ha problemi di peso).
In termini di alimenti, quelli che hanno subito il maggior calo in quest'ultimo decennio sono stati il vino, i grassi da condimento, i formaggi più grassi, le carni e il latte intero mentre alimenti come il pesce, gli ortaggi, la pizza, il latte scremato hanno subito un aumento di consumo.

Educazione alimentare e salute: la necessità di un approccio integrato

E' risaputo che l'adozione di sane abitudini di vita, basate su di una corretta alimentazione e su un buon livello di attività fisica, consente di ridurre il rischio di contrarre malattie croniche e degenerative nella maturità.
Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 identifica nell'eccesso di peso uno dei più importanti fattori di rischio per la salute (assieme al fumo, al consumo di alcool e alla sedentarietà) ed invita il mondo della comunicazione ad assumere un preciso impegno "nel diffondere l'informazione e le conoscenze scientifiche, nel favorire l'adozione di modelli di comportamento e di stili di vita, nel determinare aspettative e bisogni nei confronti della salute e dei servizi sanitari".
Interventi di educazione alimentare basati sulla diffusione di informazioni nella scuola, sulla comunicazione di massa e sul consiglio individuale possono raggiungere questi obiettivi nella popolazione, purché adeguatamente condotti per un tempo sufficientemente lungo.
Nel corso degli ultimi venti anni le iniziative di educazione alimentare nel nostro paese sono state numerose ma, ad eccezione delle poche realizzate a livello nazionale, la maggior parte di esse è stata condotta limitatamente ad alcune aree geografiche circoscritte.
Inoltre sono state realizzate da organismi pubblici diversi in modo indipendente e, il più delle volte, trascurando quanto già fatto da altre istituzioni o addirittura da istituzioni analoghe nello stesso settore, ovvero nella totale assenza di un coordinamento unico o, almeno, di linee guida di riferimento che consentissero di operare secondo strategie coerenti.
La letteratura scientifica a tale proposito dimostra che iniziative isolate, discontinue e di breve durata, hanno una ridotta efficacia e producono scarse sinergie, con risultati scadenti o molto modesti (sovente non confrontabili) rispetto alle risorse ed energie profuse.
Tale situazione ha caratterizzato anche la realtà dell'educazione alimentare nel mondo della scuola italiana in questi ultimi venti anni: le prospettive che possono aprirsi oggi grazie alla prospettiva dell'autonomia scolastica rischiano, da un lato, di incrementare la parcellizzazione delle iniziative mentre, dall'altro, possono offrire - se basati su progetti integrati caratterizzati da un approccio interdisciplinare e finalizzati all'acquisizione di competenze - uno strumento in grado di favorire la formazione e la crescita culturale e personale degli studenti.


Alimentazione: dall'emergenza alla scienza... con coscienza

La stessa impostazione metodologica dovrebbe essere utilizzata nella valutazione della qualità degli alimenti: oggi infatti l'alimento non deve essere studiato come elemento finale di un processo, avulso dal sistema produttivo ma deve essere visto quale risultante strettamente inserita in esso.
I problemi economici della produzione (che sia di massa o di nicchia, che si parli di agricoltura biolocica o di ingegneria genetica), la salvaguardia dell'ambiente, il benessere degli animali sono infatti tutti elementi che fanno parte integrante del "sistema alimentazione".
La sicurezza di un alimento infatti può essere descritta come una catena che inizia alla fattoria e continua con la raccolta (nel caso dei vegetali), il trasporto, la macellazione (nel caso degli animali), la manipolazione, la trasformazione e la distribuzione per completarsi alla tavola del consumatore.
In ogni caso, è stato affermato che un contributo per una migliore salute ed una migliore qualità della vita può senz'altro venire da una sempre migliore integrazione tra nutrizione, tecnologie alimentari e sistema agroalimentare.
In questo senso la ricerca scientifica dimostra sempre di più la sua essenzialità in quanto permette di individuare i meccanismi alla base dei fenomeni e di offrire risposte (anche se non sempre definitive) ai problemi legati alla sicurezza nelle varie fasi.
Negli ultimi vent'anni la scienza è stata sempre più chiamata in causa per dare una parola definitiva su questo o quel problema. Non sempre il verdetto emesso è stato unanime anche perché, talvolta, gli scienziati chiamati a dirimere le questioni ricevono pressioni dalle parti in causa.
Mai come nella vicenda degli organismi geneticamente modificati gli scienziati si sono divisi in due fazioni, ma si possono citare altri esempi: negli USA si impiegano ormoni per le carni e questo è permesso sia dalla legge che dalla scienza. In Europa invece il Comitato scientifico chiamato in causa sulla vicenda dell'uso degli ormoni in zootecnia, si è dichiarato contrario al loro impiego proprio per i gravi rischi per la salute.
Le procedure individuate a livello europeo per la selezione degli scienziati facenti parte del Comitato Scientifico Permanente (costituito su base multidisciplinare nel 1996, in seguito alle vicende della "mucca pazza") al quale si sono aggiunti nel novembre del 1997 altri otto comitati (Alimentazione umana; Alimentazione animale; Salute e benessere degli animali; Misure veterinarie in rapporto alla salute pubblica; Piante; Cosmetici e prodotti non alimentari destinati ai consumatori; Farmaci e dispositivi farmaceutici; Tossicità, ecotossicità e ambiente) pone oggi i consumatori europei in una situazione forse non assoluta, ma di grande tranquillità.
Anche se oggi affidiamo alla scienza tanta parte della tutela della nostra alimentazione e della nostra salute, ciò non ci può esimere dall'esercitare il diritto all'informazione, al controllo e all'intervento come individui o in forma associata (centralità ribadita anche dalla approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), per stimolare le istituzioni a dare piena attuazione a diritti umani fondamentali quali quello all'alimentazione e alla salute.

Riquadro

IL RILASCIO NELL'AMBIENTE DI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI E' UN PERICOLO PER LA SALUTE?
I risultati di un seminario internazionale organizzato dall'Organizazione Mondiale della Sanità e dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente

Con il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e del Ministero della Sanità si è svolto a Roma nel settembre 2000 un quanto mai attuale seminario internazionale che ha visto riuniti 25 scienziati ed una quindicina di osservatori e rappresentanti delle organizzazioni internazionali, provenienti da 15 Paesi. Finalità dell'incontro era quella di correlare, nell'identificazione del pericolo associato agli OGM - Organismi Geneticamente Modificati (piante e microrganismi), i componenti ambientali e della salute.
Le categorie di pericolo, associato al rilascio nell'ambiente degli OGM, di cui hanno trattato i partecipanti al seminario e di cui si sarebbero identificati od esclusi gli effetti sulla salute umana, si sono limitate alle seguenti:
· alterazione del pool genetico;
· alterazione della struttura e della funzione dell'ecosistema;
· sviluppo di resistenze.
Dopo una prima sessione, dedicata alle attività inerenti le biotecnologie delle Organizzazioni Internazionali (OMS, FAO, UNEP, l'OCSE e l' ICGEB - Centro Internazionale per l'Ingegneria Genetica e le Biotecnologie, che ha sede a Trieste) gli scienziati invitati hanno presentato i loro studi in 5 sessioni. La prima ha affrontato gli aspetti metodologici della "Valutazione del Rischio Ambientale" degli OGM nonchè quelli legati alla "Valutazione dell'Impatto sulla Salute", mentre nelle altre quattro sessioni si sono confrontate le idee sugli ipotetici pericoli legati al trasferimento genico tra piante, batteri e virus, con particolare riferimento a problematiche quale quelle legate all'induzione di resistenze (per es. agli antibiotici o ai virus), all'impatto sulla fauna non-bersaglio o alle interazioni che si possono verificare in ambienti particolarmente a rischio (il tratto gastro-intestinale dell'uomo, il suolo agrario).
Sarebbe impossibile riassumere tutta la ricchezza del dibattito suscitato da queste ricerche. Ci limitiamo pertanto a proporre ai nostri lettori le "Conclusioni e Raccomandazioni" formulate a conclusione dei lavori.


CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI *

(*) Il seminario riconosce che i pericoli discussi non sono unici per gli OGM ma possono essere anche riferiti ad altri organismi.

In generale:

1. I partecipanti riconoscono che dal rilascio nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM) possono derivare pericoli per la salute umana, quindi è necessario effettuare un'analisi del richio prima del rilascio;
2. I partecipanti sentono che si possono identificare pericoli specifici per determinati gruppi per esempio di OGM, colture, caratteristiche. Comunque, l'analisi del rischio da OGM deve essere condotta sulla base di un approccio "caso per caso";
3. I partecipanti concordano che la valutazione del rischio deve essere fatta considerando la variabilità ambientale e genetica;
4. I partecipanti riconoscono l'esistenza di carenze sulle conoscenze e quindi, per far fronte alle esigenze presenti e future, c'è bisogno di studi continuativi e di un significativo incremento dei fondi per la ricerca associata alla biosicurezza e per la formazione di competenze;
5. I partecipanti sono d'accordo, con una eccezione, che l'innovazione tecnologica (technology shaping) potrebbe essere progettata in modo da includere dei criteri che aumentino la sicurezza;
6. I partecipanti concordano che l'analisi del rischio dovrebbe sempre prendere in considerazione le alternative, incluse quelle non biotecnologiche (una valutazione comparativo del rischio che comprenda tutte le alternative)
7. Con una eccezione, tutti i partecipanti raccomandano un monitoraggio posteriore al rilascio (incluso lo sviluppo di protocolli appropriati) sufficientamente ampio da rilevare conseguenze inattese, includendo la formazione di competenze nei Paesi in via di sviluppo;
8. I partecipanti concordano che deve esere rafforzata l'analisi del rischio, in modo dacoinvolgere tutti gli organi decisionali.

In particoalre: la discussione si è focalizzata sul trasferimento del DNA, sullo sviluppo di resistenze e sugli effetti non-bersaglio con le seguenti conclusioni:

1. I partecipanti hanno concluso che il trasferimento genetico potrebbe essere un pericolo se sono coinvolti i geni che codificano per proteine che influiscono sulla salute umana;
2. I partecipanti riconoscono che si dovrebbe indagare ulteriormente sul trasferimento e sull'espressione del DNA nei vari ecosistemi;
3. I partecipanti sono dell'avviso che l'istaurarsi della resistenza può richiedere dei cambiamenti nelle strategie di gestione delle specie dannose che generano dei pericoli per la salute umana;
4. I partecipanti sono d'accordo che si dovrebbero studiare in maniera più approfondita quesgli effetti non-bersaglio che sono in relazioni con le pratiche agronomiche ed i problemi della biodiversità.

 
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