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Ambiente

C'è futuro per l'umanità? Solo se sapremo coevolverci con la natura

In questi giorni l'European environment agency ha diffuso una nota dal titolo "Analysing and managing urban growth" (vedasi sito www.eea.europa.eu ) nel quale ricorda come la copertura artificiale del suolo ha avuto in Europa, un incremento del 3.4% dal 2000 al 2006, di gran lunga l'incremento maggiore rispetto a tutte le categorie di uso del suolo. In base ai dati di un progetto europeo, il PLUREL del 2010, le aree peri urbane (discontinue) crescono in maniera quattro volte più rapide dell'aree urbane continue. Già nel 2006 l'EEA aveva pubblicato l'ottimo rapporto "Urban sprawl in Europe. The ignored challenge" dove si faceva il punto sulla rapida diffusione delle aree urbane nel nostro continente.
Dal 2009, secondo i dati della Population Division del Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite, oltre la metà della popolazione umana vive in aree urbane (il dato preciso registrato dall'ONU in quell'anno è stato di 3.42 miliardi nelle aree urbane rispetto a 3.41 miliardi presenti nelle aree rurali). Il numero di esseri umani che vivranno in tali aree tende inevitabilmente a crescere. L'ultimo rapporto delle Nazioni Unite disponibile in merito è il "World Urbanization Prospects.
The 2009 Revision" che fa presente come la popolazione che vive in aree urbane passerà dai 3.4 miliardi del 2009 ai 6.3 miliardi del 2050. Si tratta di una crescita di 2.9 miliardi, a fronte di una popolazione planetaria che nel 2009 era di 6.8 miliardi e che nel 2050 dovrebbe essere di 9.1 miliardi. Inoltre questa significativa crescita della popolazione urbana avrà luogo nelle città delle aree meno sviluppate del mondo. Nel 2009 il 75% degli abitanti delle aree più sviluppate del mondo vivevano in aree urbane rispetto al circa 45% degli abitanti delle aree meno sviluppate, proporzione che, nel 2050, dovrebbe essere rispettivamente dell'86% e del 66%. (...)

L'articolo:
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=8909&lang=it

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World Resources Institute - “Reefs at Risk Revisited”. A rischio il 75% delle barriere coralline del mondo

Il World Resources Institute (Wri ), un think tank ambientale globale, ha pubblicato il rapporto multimediale  "Reefs at Risk Revisited", che rappresenta forse la più completa analisi mondiale delle minacce alle quali sono sottoposte le barriere coralline. Lo Studio, al quale hanno contribuito The Nature Conservancy,  WorldFish Center, International Coral Reef Action Network, United Nations Environment Programme-World Conservation Monitoring Centre e Global Coral Reef Monitoring Network, insieme a una rete di oltre 25 organizzazioni,  rivela che «il 75% delle barriere coralline del mondo sono attualmente minacciate da pressioni locali e globali». Il rapporto è un aggiornamento di "Reefs at Risk", pubblicato dal Wri nell'ormai lontano 1998 e che era uno dei punti di riferimento per i policymakers per comprendere e affrontare le minacce alle barriere coralline. Il nuovo rapporto utilizza i dati e le informazioni satellitari più recenti per mappare le barriere coralline, tra cui una mappa dei reefs con una risoluzione 64 volte superiore a quello del rapporto originale. Katie Reytar, ricercatrice del Wri e lead author del rapporto  sottolinea che «Attraverso le nuove tecnologie e il miglioramento dei dati, questo studio fornisce strumenti e informazioni utili per i decision makers e i leader nazionali e i marine managers locali. Per massimizzare i benefici di questi strumenti, abbiamo bisogno che i policymakers si impegnino ad una maggiore azione per
affrontare le crescenti minacce alle barriere coralline». (...)

L'articolo:
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=9093

Dal sito del World Resources Institute:
http://www.wri.org/stories/2011/02/wake-call-save-coral-reefs

Dal sito dell'UNEP:

http://www.unep.org/Documents.Multilingual/Default.asp?DocumentID=659&ArticleID=6914&l=en

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Energia dal Mare - Solo un sogno?

Si è svolto nell’ambito della 5° edizione del salone della nautica e del Mare di Roma, il Sea Heritage Day, la giornata del premio internazionale dedicato alla valorizzazione del patrimonio marittimo, ambientale ed energetico dell’area mediterranea. All’interno del workshop organizzato per l’occasione molto apprezzato è stato l’intervento dell’ing. Adriano Piglia - Direttore del Centro Studi Safe, che ha presentato in anteprima la ricerca “Energia dal Mare: solo un sogno?”.
L’intervento ha fornito un contributo scientifico di particolare interesse nell’ambito della fiera dedicata al mare. L’ing. Piglia ha inquadrato la ricerca all’interno di un quadro di riferimento dell’energia caratterizzato da una asimmetria nella dislocazione delle risorse energetiche rispetto ai centri di consumo, dalla necessità  di assicurare la crescita dei Paesi in via di sviluppo anche attraverso il trasferimento di tecnologie e dall’esigenza di riduzione delle emissioni di gas serra.
Dalla tecnologia possono arrivare risposte positive ed è per questo che vanno supportate tutte le azioni intese a trovare soluzioni nuove che coinvolgano tutte le possibili risorse energetiche. Guardando dunque al pianeta, costituito  per ¾ di acqua, non si possono trascurare le grandi potenzialità di questa risorsa naturale.
“E’ stato calcolato che dal mare si potrebbero produrre qualcosa come 90.000 TWh di energia elettrica all’anno – sostiene l’Ing Piglia – a fronte di consumi annuali mondiali che per il 2030 sono previsti pari a 300 TWh all’anno. Quindi volessimo potenzialmente saremmo capaci di produrre un quantitativo 3 volte superiore a quello di cui il mondo avrà bisogno tra vent’anni”.
Il problema serio dell’energia che proviene dal mare è dovuto, come per tutte le altre fonti rinnovabili, alla scarsa densità di energia e quindi ai costi molto elevati, che solo il progresso tecnologico ci permetterà di abbattere. In questo senso alcune applicazioni sono già avviate mentre altre sono ancora solo a livello sperimentale. Il Direttore del Centro Studi Safe ha evidenziato infatti come per quanto concerne la ricerca siamo abbastanza avanti per alcune fonti come le maree, mentre per altre, come i gradienti termici e salini, siamo appena alla fase di laboratorio. Molto promettenti sono le tecnologie delle legate alle onde.
L’Italia ha sicuramente le sue possibilità nel Mediterraneo nello sfruttamento delle alghe e sta già facendo qualche esperimento. Le alghe costituiscono una fonte dalle enormi potenzialità , legata alla rapidissima fotosintesi che permette loro di fare quello che una pianta sulla terra ferma fa 20 volte meno velocemente.
Uno dei punti fondamentali è sicuramente la necessità di condurre ricerca in un modo comune: poiché se il problema di sostituire le fonti fossili è globale, dovrebbe avere soluzioni globali.
“Nella situazione in cui ci troviamo è evidente che non possiamo fare a meno di nessuna delle fonti disponibili – conclude l’ing. Piglia. Sappiamo che le fonti fossili sono in esaurimento, o prima o poi, e che non c’è grande consenso per l’utilizzo della fonte nucleare, a questo punto non possiamo fare altro che rivolgerci a Madre Natura ed utilizzare responsabilmente tutto quello che abbiamo a disposizione nei modi migliori possibili ai costi più bassi possibili”.

L'intervista:
http://www.safeonline.it/chi-siamo/videoteca_scheda.php?id=6

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Rapporto Unep - Verso la Green Economy

L'Unep, il Programma per l'Ambiente della Nazioni Unite che ha sede a Nairobi, ha reso pubblico il suo rapporto Towards a Green Economy. Pathways to Sustainable Development and Poverty Eradication. Seicento e più pagine per proporre un cammino verso la Green Economy e quantificare le risorse da mettere in campo. In realtà i percorsi da intraprendere per raggiungere uno sviluppo sostenibile e l'eradicazione della povertà, secondo gli esperti UNEP, sono almeno dieci. E le risorse da mettere in campo, anno per anno, piuttosto ingenti: almeno mille miliardi di euro. Il 2% del prodotto interno lordo mondiale. (...)

L'articolo:
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=9071

Sull'argomento:

http://www.eea.europa.eu/highlights/unep-report-maps-the-pathways

http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=9049

http://www.rinnovabili.it/unep-investire-il-2-del-pil-in-settori-green-salverebbe-il-pianeta801785
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=9051
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=9052&lang=it

http://thecityfix.com/new-report-unep-links-economic-growth-to-sustainability/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+thecityfix%2Fposts+%28TheCityFix%29

Dal sito dell'UNEP:

http://www.unep.org/greeneconomy/
http://www.unep.org/Documents.Multilingual/Default.asp?DocumentID=659&ArticleID=6902&l=en

http://www.unep.org/Documents.Multilingual/Default.asp?DocumentID=659&ArticleID=6915&l=en

http://www.unep.org/pdf/Transition_to_a_Green_Economy_summary.pdf

La sintesi del Rapporto:

http://www.unep.org/greeneconomy/Portals/88/documents/ger/GER_synthesis_en.pdf

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