A un anno da Rosarno, domani si terrà davanti al ministero delle Politiche Agricole un sit-in per denunciare un sistema di sfruttamento che miete ancora troppe vittime. Rosarno è solo la punta dell’icerberg. La filiera agricola italiana continua a produrre lavoro nero e caporalato. Basti pensare che più della metà dei braccianti africani che lavoravano nella Piana di Gioia Tauro pur essendo in possesso di un regolare permesso di soggiorno, era stata ingaggiata in maniera illegale. (...)
LOUGA (Senegal) - «Voi ci chiamate vucumprà, e noi invece a voi bianchi vi chiamiamo toubab. Voi i senegalesi li chiamate tutti vucumprà e noi, invece, quelli che vanno in Italia a lavorare li chiamiamo modou-modou, fatou-fatou se sono donne». Nel suo minimarket di Louga, gomiti appoggiati su una pila di confetti Valda ancora impacchettati, Ibrahim regala pillole di lessico della migrazione in chiave senegalese. Il negozio di generi alimentari illuminato al neon offre di tutto e resta aperto ogni sera fino a tardi. La porta, spalancata sulla via di transito, illumina l'asfalto incerto, l'incedere africano dei passanti, i calessi tirati da ronzini vivaci che le donne ancora sembrano preferire alle auto. Per raccontarmi la sua storia di migrante tra Senegal e l'Italia, Ibrahim ha chiesto alla moglie di pazientare, tanto, dice, skype è gratis. Ibrahim non ha ancora quarant'anni anni ma è un modou con i galloni. Il primo viaggio italiano risale a 16 anni fa. Da clandestino ammette, «ma è passato molto tempo». San Benedetto del Tronto via Roma, poi Ancona, Rimini, i Lidi ferraresi e ancora su verso Jesolo, una spiaggia dopo l'altra a vendere il piccolo artigianato africano. Infine Forte dei Marmi. Con i viaggi, negli anni, ha costruito la sua piccola fortuna. (...)
(...) In base alle valutazioni di Paul Hawken le ONG, ONLUS, Associazioni di volontariato varie, ecc, nel 2007 superavano, a livello mondiale, il numero di due milioni. Il numero effettivo degli ‘aderenti’ e/o ‘militanti’ sono quindi incalcolabili, difficilmente valutabili, ma si tratta in ogni caso di una moltitudine.
(...) Fifty-seven journalists were killed in connection with their work in 2010, 25% fewer than in 2009, when the total was 76. The number of journalists killed in war zo- nes has fallen in recent years. Significantly, it is becoming more and more difficult to identify those responsible in cases in which journalists were killed by criminal gangs, armed groups, religious organizations or state agents. “Fewer journalists were killed in war zones than in preceding years,” Reporters Without Borders secretary- general Jean-François Julliard said. “Media workers are above all being murdered by criminals and traffickers of various kinds. Organized crime groups and militias are their leading killers worldwide. The challenge now is to rein in this phenomenon. The authorities of the countries concerned have a direct duty to combat the impunity surrounding these murders. If governments do not make every effort to punish the murderers of journalists, they become their accomplices.” (...)
Nonostante l’affermarsi di governi progressisisti e di sinistra in America Latina e la forte componente ecologista e di tutela ambientale che tali forze politiche – spesso espressione di processi sociali – hanno portato nel dibattito politico e nei programmi di governo,
Il turismo invernale in Lapponia vede realizzarsi da alcuni anni un vero e proprio boom. I dolci pendii dei tunturi (le montagne dell'estremo nord) sono solcati dalle piste da sci. I villaggi turistici accolgono visitatori da ogni parte d'Europa. A Rovaniemi la residenza di Babbo Natale è diventata un must del tour boreale e c'è anche chi si azzarda a passare la notte in uno degli hotel di ghiaccio. Il fascino della natura delle alte latitudini è innegabile, anche in inverno; il kaamos, col suo magico colore blu, fascia il paesaggio quando il sole non riesce ad alzarsi sull'orizzonte. In cielo l'aurora boreale affascina con i suoi continui movimenti come fosse una immensa tenda che avvolge il mondo. Qua e là si vedono i variopinti abiti dei lapponi che fanno da guida a colonne di slitte trainate da renne. In realtà, però, quello che sembra un idillico paradiso, ha una storia drammatica, fatta di crudeltà, di violenza e di ingiustizie. La Lapponia era in origine la terra dei sami o lapponi, una popolazione oggi sparsa tra Finlandia, Norvegia, Russia e Svezia e che per questo motivo di dispersione geografica non potrà mai avere un proprio stato.(...)