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Agricoltura e clima dopo Copenhagen

AMBIENTE

Delusione per chi si aspettava da Copenhagen una unità di intenti nella lotta ai cambiamenti climatici. I grandi della terra non sono riusciti a superare diffidenze ed incertezze per arrivare ad un accordo globale sugli obiettivi di riduzione delle emissioni in grado di contenere l’innalzamento della temperatura atmosferica al di sotto dei 2 gradi entro il 2020.

Fino all’ultimo, infatti, si è sperato di varare un nuovo trattato, ma alla fine si è arrivati solo alla messa a punto di un documento politico che non ha ottenuto il consenso necessario per considerarsi tale.(...)
In questo contesto, è abbastanza comprensibile che, viste le difficoltà diplomatiche, la conferenza di Copenhagen non sia riuscita soddisfare le attese del mondo agricolo che, invece, si aspettava molto. Sembravano infatti maturi i tempi per la messa a punto di una strategia climatica caratterizzata da un quadro politico stabile, ma al tempo stesso flessibile, con l’introduzione di specifici meccanismi per offrire incentivi e remunerare gli sforzi delle imprese agricole; per garantire e stabilizzare la loro situazione di fronte alle incertezze relative all’applicazione delle misure di adattamento e mitigazione. Il protocollo di Kyoto, infatti, ha rappresentato un importante passo verso una maggiore consapevolezza del ruolo del settore agricolo in ambito ambientale e climatico, ma ora servono specifiche politiche, sia a livello comunitario che mondiale, in grado di modificare una paradossale situazione di empasse in cui, nonostante il ruolo positivo costantemente ed universalmente riconosciuto al settore primario, a tutt’oggi, non sono state ancora adottate adeguate soluzioni per attribuire anche un valore economico ad attività che presentano un elevato livello di utilità sociale ed ambientale.
Come riconosciuto anche dalla FAO, l’agricoltura è uno dei settori più sensibili al clima e, perciò, potenzialmente più vulnerabile. Le attività agroforestali sono fortemente subordinate alle condizioni naturali e sono le sole attività economiche la cui efficienza dipenda in modo diretto da condizioni meteorologiche incontrollabili. Per questo il cambiamento climatico deve essere considerato un fattore di pressione in grado di comprometterne la solidità economica e la competitività.(...)

L'articolo:
http://magazine.quotidianonet.ilsole24ore.com/ecquo/masini/2010/01/11/agricoltura-e-clima-dopo-copenhagen/

 

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