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Svizzera - Una storia di abusi

Graziella Salvi compiva 19 anni il 27 luglio 1983, quel giorno fu rinchiusa nella prigione femminile di Hindelbank, nel cantone di Berna. Senza processo, senza neppure sapere quando sarebbe potuta uscire. A differenza dei criminali, non conosceva la durata della sua pena. Impossibile processarla perché non aveva commesso alcun delitto. Sbatterla in galera era definita una «misura
coercitiva a scopo assistenziale»: aveva tentato più volte la fuga dall'ospedale psichiatrico dove i servizi sociali l'avevano piazzata per... proteggerla da genitori violenti. I medici avevano dato parere negativo, ma qualcuno decise che era più al sicuro dietro le sbarre: chissà, forse fuori avrebbe potuto incontrare qualche delinquente. Una volta rilasciata dovette pagare il conto del
soggiorno: 7.500 franchi svizzeri.
La sua storia è quella di centinaia di migliaia di innocenti, bambini e bambine, uomini e donne imprigionati, costretti ai lavori forzati, sterilizzati d'ufficio, privati dei figli o dei genitori, obbligati ad abortire solo perché non erano sposati, perché erano poveri, perché si comportavano in modo strano, perché erano figli di nomadi, o ribelli, o sognatori, o alcolisti, o perché un vicino aveva scorto una copia di «Playboy» nel salotto di una giovane mamma. Le autorità li chiamano «internati amministrativi». A decidere della loro sorte non un tribunale, ma un giudice di pace, o un "notabile" del luogo: il sindaco, il notaio, il prete, un istitutore, un commerciante, un uomo di buona volontà. Nel Paese che ospita il Consiglio per i diritti umani dell'Onu gli abusi durarono almeno fino ai primi anni 80. (...)

L'articolo:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-09-01/svizzera-storia-abusi-084059.shtml?uuid=AbNk1ESI

Diritti umani in Svizzera:

http://rapportoannuale.amnesty.it/sites/default/files/Svizzera_1.pdf