SVILUPPO SOSTENIBILE

 AMBIENTE

 

 
Il RUOLO DELL’EDUCAZIONE NELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Il dibattito sullo sviluppo, di fronte alla realtà contemporanea, si sposta sempre più dal campo della tecnica economica a quello della costituzione socio-istituzionale, responsabilizzando, tra gli altri soggetti complementari in causa, il ruolo dello Stato quale elemento fondamentale per l’innesco del processo di sviluppo. Due sembrano essere i nodi fondamentali da sciogliere:

 

a) da un lato l’affermazione della forma democratica di governo, in quanto essa è una delle istituzioni che può fungere da garante della partecipazione di tutti al processo e da elemento di certezza;
b) dall’altro la promozione di iniziative economiche tali da essere riconosciute dalle popolazioni come immediatamente benefiche (ed anche in una prospettiva a più lungo termine) per le loro condizioni di vita, e da generare perciò uno spirito di partecipazione.
L’apprendimento, la crescita culturale e democratica e la partecipazione sembrano essere quindi oggi i requisiti che possono creare quelle istituzioni rinforzanti necessarie per innescare, e non far regredire, un processo di sviluppo economico (AAVV, 1996) che non può essere disgiunto da quello sociale ed individuale.


Cooperazione italiana e sviluppo umano

I cambiamenti del quadro internazionale in questi ultimi anni hanno determinato un profondo mutamento del ruolo dell’Italia nello scacchiere geopolitico mondiale: da un ruolo essenzialmente limitato al bacino del Mediterraneo il nostro Paese è stato sempre più coinvolto come attore attivo della politica estera dell’Occidente anche in altre aree geografiche.
La legge attuale (la 49/87) evidenzia tutti i limiti di questo ampliarsi degli orizzonti operativi della nostra cooperazione allo sviluppo ma, per attrezzarsi per far fronte alle nuove responsabilità, non basta certamente una nuova legge o un nuovo decreto.
Sarà senz’altro necessario attivarsi per una revisione completa dei criteri di utilizzo razionale delle risorse economiche ma, crediamo indispensabile soprattutto intervenire su un capitale ben più prezioso: quello umano.
Nel corso degli ultimi anni la Cooperazione italiana ha dedicato particolare priorità all’approccio di sviluppo umano e al coinvolgimento di molteplici attori (istituzionali, sociali ed economici) radicati sul territorio nazionale nella realizzazione dei relativi progetti.
Il concetto di “sviluppo umano” è stato formalmente introdotto dalle Nazioni Unite nel 1990 con la pubblicazione del primo “Rapporto sullo sviluppo umano” (UNDP, 1990): in tale contesto viene definito come “il processo che conduce all’ampliamento delle possibilità per tutti gli individui di esprimere le proprie potenzialità. E’ un concetto ampio, che non identifica lo sviluppo semplicemente con la crescita economica, ma che lo associa all’aumento complessivo delle opportunità di scelta individuale e che pone l’accento sulla qualità umana dello sviluppo”.


Alla ricerca degli indicatori: diritti umani, salute, ambiente e sviluppo

In un mondo caratterizzato da una grave ineguaglianza, da una crescente tendenza al razzismo e alla xenofobia, dalla continua negazione dei più elementari diritti umani e della partecipazione democratica e da una scarsa attenzione al degrado ambientale globale, è difficile stilare una classifica dei Paesi dove lo “sviluppo umano” si estrinsechi con maggiore facilità.
L’ansia della misurazione delle caratteristiche salienti di questo “sviluppo umano”, per poter poi stilare una classifica del “benessere” che non sia legata semplicemente all’aumento del Prodotto Interno Lordo (grossolano parametro economico), richiede la considerazione di più indicatori (UNDP, 1990).
Altro elemento fondamentale è saper cogliere le interrelazioni tra settori: attuazione dei diritti umani, salute della popolazione, stato dell’ambiente e problematiche dello sviluppo sono fattori essenziali per stabilire il grado di sviluppo umano di uno Stato. Ma difficilmente sarà possibile reperire un insieme di dati in grado di rappresentare questa realtà perché ancora impera una netta separazione culturale che impedisce l’accostamento di discipline solo apparentemente distanti tra loro.
Per esempio, a livello mondiale, la relazione tra diritti umani e problemi ambientali è stata riconosciuta di grande e crescente importanza solo recentemente.
Gli organismi del sistema delle Nazioni Unite (generalmente assai specializzati e poco inclini finora al “lavoro di gruppo”) l’hanno recentemente ribadita durante il World Summit on Sustainable Development (Johannesburg, 2002) che ha evidenziato come i diritti umani e le preoccupazioni ambientali siano strettamente interdipendenti e legati sotto il profilo politico, normativo, economico e sociale.
Nelle recenti conclusioni dei lavori del Meeting di esperti su “Diritti Umani e Ambiente” (OHCHR-UNEP, 2002) organizzato dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente viene ribadita la necessità di:  

• sviluppare accordi per favorire lo sviluppo di capacità (inclusa la cooperazione tecnica) per promuovere un approccio integrato ai diritti umani e alla protezione ambientale, specialmente nei paesi in via di sviluppo;
• promuovere programmi per sensibilizzare decision makers - inclusi funzionari pubblici, parlamentari e magistrati - sulla necessità di sviluppare un maggior senso del dovere in merito alla protezione dei diritti umani e di quelli ambientali e per adottare degli approcci più olistici per integrare i requisiti dello sviluppo sostenibile nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme nazionali ed internazionali per la protezione dei suddetti diritti e dei principi dello sviluppo sostenibile

 


Verso la definizione di “educazione allo sviluppo”

Alla luce delle nuove interpretazioni dei concetti di “sviluppo” e di “educazione” ( H. Henny e I. Smillie , 1998; A. Surian, 2001) l’Educazione allo sviluppo mira a mobilitare un aumentato sostegno alla cooperazione allo sviluppo e a promuovere una maggiore consapevolezza critica delle questioni legate allo sviluppo e delle interdipendenze globali.
Il Comité de Liaison, in rappresentanza di oltre 900 ONG di tutta l’Unione europea (Comité de Liaison, 1995), ritiene che l’Educazione allo Sviluppo è un apprendimento permanente che:
• esplora i legami tra coloro che vivono nei Paesi “sviluppati” del Nord e coloro che vivono nel Sud “in via di sviluppo”, consentendo agli individui di comprendere i legami tra le loro vite e quelle delle altre persone in tutto il mondo;
• accresce la comprensione delle forze economiche, sociali, politiche e ambientali che concorrono a indirizzare la nostra vita;
• sviluppa le capacità, le attitudini e i valori che mettono le persone in grado di lavorare insieme per realizzare un cambiamento e assumere il controllo delle proprie vite;
• lavora verso il raggiungimento di un mondo più equo e più sostenibile nel quale potere e risorse siano più equamente distribuite.

Secondo questo approccio l’agenda per l’Educazione allo sviluppo racchiude molti dei valori dell’Educazione “globale” (Consiglio d’Europa, 1997) che annovera aspetti chiave quali i seguenti:
• educazione ai diritti umani;
• educazione alla sostenibilità;
• educazione ambientale;
• educazione alla pace;
• educazione di genere;
• educazione interculturale;
• educazione anti-razzista;
• educazione alla cittadinanza globale.


L’importanza dell’educazione nell’approccio allo sviluppo rurale dei Paesi in via di sviluppo

Secondo la FAO l’educazione è un prerequisito per la costruzione della sicurezza alimentare mondiale, per la riduzione della povertà e la tutela delle risorse naturali.
Secondo questo approccio allo sviluppo rurale le priorità in questo campo per la FAO sono:

• aumentare l’accesso all’educazione e migliorare la partecipazione nelle aree rurali: attraverso la promozione o il supporto di iniziative volte a migliorare la salute dei bambini e la capacità di imparare, utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e l’educazione a distanza, educando le giovani e le donne rurali e promuovendo l’educazione permanente e lo sviluppo di capacità utili inambiente rurale;
• migliorare la qualità dell’educazione: supportando un approccio partecipativo allo sviluppo dei curricola e della formazione dei formatori per rispondere alle esigenze dello sviluppo rurale e alle richieste degli agricoltori, supportanto le facoltà di agraria a migliorare il loro ruolo al servizio degli agricoltori e la loro interazione con l’educazione primaria e secondaria ed incoraggiando iniziative di sviluppo educativo volte a rinforzare la consapevolezza sociale su questioni ed argomenti relative al mandato della FAO;
• rafforzare le capacità istituzionali nella pianificazione e nella gestione dell’educazione per lo sviluppo rurale: adottando un approccio sistemico all’educazione per lo sviluppo rurale che sia rivolta a tutti i livelli educativi; incoraggiando il dibattito sulle tendenze future dell’educazione e dell’istruzione dei bambini, giovani e adulti per quanto riguarda l’agricoltura, lo sviluppo rurale e la sicurezza alimentare; ricercando e diffondendo “best practices” e “case studies” che illustrino il contributo dell’educazione all’agricoltura sostenibile e allo sviluppo rurale; supportando nuove partnerships per l’educazione per lo sviluppo rurale a livello nazionale, regionale e globale e promuovendo l’assistenza tecnica per la formazione di policy-makers e managers nel campo dell’educazione per lo sviluppo rurale.


L’educazione allo sviluppo nei paesi “sviluppati”

Nella propria Dichiarazione sulla politica di sviluppo della Comunità Europea del 10 novembre 2000, il Consiglio Sviluppo e la Commissione Europea hanno manifestato la volontà “di rendere l’opinione pubblica consapevole delle sfide e degli obiettivi della solidarietà europea verso i Paesi in via di sviluppo... Il Consiglio e la Commissione muoveranno i passi necessari, incoraggiando in particolar modo l’Educazione allo Sviluppo”.
Secondo questo documento è necessario che ai cittadini di tutta Europa sia offerta l’opportunità di un apprendimento globale e di una partecipazione informata riguardo alle questioni legate alla realizzazione delle politiche che toccano la cooperazione allo sviluppo e la collaborazione internazionale, ricorrendo a pratiche di Educazione allo Sviluppo e che le prospettive dell’Educazione allo Sviluppo siano riflesse in una vasta gamma di regolamenti, obblighi e attività.

Oltre all’importanza di informare il grande pubblico su quali obiettivi l’Unione Europea si sia posta per quanto riguarda la politica di sviluppo, è anche molto importante lavorare sulla comprensione delle interdipendenze delle vite in tutte le parti del mondo, incoraggiando la comprensione pubblica delle opportunità, delle responsabilità e delle minacce che la globalizzazione porta alla luce.

 


Quale “sviluppo” in una società globale?

Se il futuro sviluppo mondiale porterà benefici solo a una parte privilegiata della popolazione o all’umanità nella sua interezza dipenderà dalle reazioni di tutti e dalle regole che i governi e le strutture introdurranno.
Gli individui sono legati a e subiscono gli effetti dello sviluppo di altre parti del mondo e si sentono sempre più influenzati da questi fattori. Per vivere ed effettivamente partecipare nella società mondiale, le persone necessitano di competenze e conoscenza per comprendere ed interpretare cosa stia succedendo intorno ad esse, per comprendere perché gli eventi in una parte del mondo possano produrre effetti in un’altra parte e viceversa.
In un mondo sempre più globalizzato è nell’interesse di tutti che gli Stati membri dell’Unione Europea incoraggino apertamente l’introduzione e l’applicazione dei processi di Educazione allo sviluppo che mettano in grado le persone e la società civile di:

• interpretare, contribuire a e comprendere le influenze economiche e socioculturali legate allo sviluppo che delineano e producono effetti sulle principali questioni globali;
• le necessità primarie della popolazione mondiale;
• il ruolo dell’ambiente naturale del quale tutti dipendono.

L’educazione alla cittadinanza globale nell’Unione europea e nei Paesi prossimi all’ingresso nell’Unione è particolarmente importante oggi per la grave ineguaglianza, la crescente tendenza al razzismo e alla xenofobia e la continua negazione dei diritti umani fondamentali e della partecipazione democratica a livello mondiale (CEU, 1996).
La sfida posta dal pericolo di marginalizzazione che alcune regioni del mondo corrono nell’era globale è quella di identificare insieme le strategie e le modalità operative più adeguate per dare nuovo slancio e maggiore efficacia alla cooperazione e all’azione internazionale anche del nostro paese (V. Petrone, 2000).


Quale “educazione” in una società globale?

Nel 1995 la Commissione europea concludeva un lavoro sull’educazione durato 2 anni e condotto per conto dell’UNESCO.
Sullo sfondo di uno scenario di crescita economica insostenibile, un ambiente a rischio, conflitti locali, internazionali e interculturali, un divario sempre maggiore tra ricchi e poveri, la Commissione europea (allora guidata da Jacques Delors) sottolineava che “imparare a vivere insieme” è oggi uno dei pilastri fondamentali dell’educazione.
“Le persone oggi hanno la sensazione di essere tirate tra una globalizzazione i cui risultati possono vedere e che qualche volta devono tollerare, e la loro ricerca di radici, punti di riferimento e un senso di appartenenza. Ora più che mai l’educazione deve avere la sua parte in questo problema, parallelamente ai dolorosi sforzi che sta compiendo la società mondiale per nascere: l’educazione sta al centro sia dello sviluppo personale che di quello comunitario. La sua missione è quella di rendere ognuno di noi, senza eccezioni, capace di sviluppare i propri talenti fino in fondo e di sprigionare il nostro potenziale creativo, compresa la responsabilità per le nostre vite e il raggiungimento dei nostri obiettivi. Questo obiettivo precede tutti gli altri. Il suo raggiungimento, sebbene arduo e a lungo termine, rappresenterà un contributo essenziale alla ricerca di un mondo più equo, di un mondo migliore nel quale vivere” (Commissione Delors, 1995).


Bibliografia

Unione Europea, Consiglio Sviluppo (2000): The European Community’s Development Policy - Dichiarazione del Consiglio e della Commissione, Bruxelles
Presidenza del Consiglio d’Europa (2001): Risoluzione sull’educazione allo sviluppo. Documento sottoposto al Gruppo di lavoro Cooperazione allo sviluppo - Riunione del 14 settembre 2001. “Volontari e Terzo Mondo”, n. 3, 2001
Commissione Delors (1995): Education, the Treasure Within, UNESCO, Parigi.
H. Henny e I. Smillie (1998): Public attitudes and International development co-operation”, Consiglio d’Europa e OCSE, Parigi.
A. Surian (2001): A comparative look at European policies on development education, Development Education Journal, volume 7.2, marzo 2001, Development Education Association, London.
Comité de Liaison delle ONG di sviluppo con L’Unione Europea (1995): Strategies for Development Education in the Ninenties, Bruxelles.
Consiglio d’Europa (1997): Global Education Charter - second draft - working document. North-South Centre.
CEU (1996): Progetto audiovisivo “Educazione ai Diritti Umani”.
OHCHR-UNEP (2002): Joint OHCHR-UNEP Expert Seminar on Human Rights and the Environment. Geneva, 16 January 2002.
V. Petrone (2000): Prefazione al volume “La sfida delle crisi complesse nella cooperazione internazionale”. Atti del Convegno, Roma 23 maggio 2000
UNDP (1990): Rapporto su lo sviluppo umano. Rosenberg &Sellier
AA.VV. (1996): “Sviluppo”. In “Società Internazionale”. Jaca Book
G. Antonelli (1984): La logica dello sviluppo rurale integrato. In “Il problema dei bisogni fondamentali”. I Quaderni di Cooperazione, n. 1. Fratelli Palombi Editori.
AA.VV. (2001): Viaggio dentro la cooperazione. Solidarietà Internazionale, n. 4 Luglio-agosto 2001.

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