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LA SCUOLA CHE VERRA'

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Viaggio intorno a Gaia alla ricerca di una nuova umanità del sapere

Premessa

Le immagini dell'ultima missione spaziale dello Shuttle ci mostrano sullo sfondo della vicenda umana di John Glenn le immagini di un pianeta affascinante, una sfera di cobalto circondata da un aura soffusa, qua e là solcata da vortici di nubi che lasciano intravedere continenti insoliti, visti in una proiezione nuova, fuori dagli schemi delle vecchie, polverose carte geografiche appese ai muri della scuola…
Già, la scuola! Come appare distante da questa prospettiva così insolita, da questa sfera così dinamica da sembrare viva…
Gaia, un nome gioioso per un pianeta ancora piuttosto sconosciuto agli scienziati, per una Natura talvolta crudele "matrigna", capace di spazzar via con i suoi uragani un'umanità talvolta talmente presuntuosa da credere di poterla violentare impunemente.
I conti non tornano: quote di inquinamento da mercanteggiare nei grandi convegni internazionali forse non serviranno a quietare le coscienze non più immacolate di coloro chiamati a scelte più grandi di loro, decisioni che si appellano anche agli interessi di generazioni senza volto chiamate un giorno a popolare quei piccoli lembi di terra là sotto, persi nel blu di oceani misteriosi…
Un oceano misterioso che circonda anche i "fortunati"che, lasciati i giochi e le sicurezze della famiglia, entrano nel mondo della scuola per prepararsi ai grandi appuntamenti iniziatici che scandiscono la loro entrata in società sempre più aliene da quel mondo fatto di ripetizione e compiti a memoria.
Entrarci servirà a chiarire dubbi ed incertezze, a "ex-ducere", a tirar fuori il genio che è in ognuno di quei cervelli così plastici e pieni di energia o servirà piuttosto a spegnere ogni curiosità, ad frustrare qualsiasi originalità, a distruggere la diversità di cui ognuno è portatore, alla faccia dei trattati che a parole la difendono a livello biologico?
Basterà studiare la Terra per capire il mondo che abbiamo dentro di noi, dalla cui espressione dipenderà il mondo che avremo fuori? Quali nuove "terre" dovremo scoprire per prime ? Quelle lontane che patinati documentari ci mostrano nei comodi salotti di casa nostra o quelle altrettanto misteriose e affascinanti che sogni e sensazioni ci fanno intravedere nei meandri delle nostre menti?
Sarà più facile prevedere il moto del nostro in fondo giovane pianeta nel suo vagare ordinato negli spazi interstellari o azzardare previsioni sul destino ultimo della ultima riforma del nostro vetusto sistema scolastico?
E' con questi interrogativi che il convegno "Eco-saperi per il futuro. Riforma della scuola e nuovi percorsi formativi per uno sviluppo sostenibile" (promosso dai Verdi per discutere dei "saperi" fondamentali del Terzo Millennio) si è confrontato valendosi anche delle esperienze maturate in altri Paesi europei sul comune impegno di traghettare la scuola verso il passaggio di fine secolo.
La domanda che attraversava il convegno era: "Quali percorsi di scoperta, quali aggiornamenti disciplinari, quali intrecci di saperi bisogna offrire ai giovani italiani, e non solo italiani, del XXI secolo?".
La prima e la seconda sessione del Convegno hanno cercato di offrire un quadro dello "stato dell'arte" educativa-ambientale in Italia e in Europa mentre la prospettiva della terza sessione che ha ruotato intorno alla conoscenza del nostro pianeta, alla comprensione degli elementi naturali e alla difesa degli equilibri ambientali, questioni che suscitano un amplissimo arco di riflessioni etiche, filosofiche, epistemologiche, scientifiche, economiche, religiose.

Istruzione o Educazione?

Domanda: a che serve la scuola?
Risposte: per dare una cultura? Per dare una coscienza? O forse, più prosaicamente, per dare un lavoro?
I gravi problemi di disoccupazione che tutti i Paesi attraversano pongono in discussione anche il ruolo che il titolo di studio acquisito può avere nel facilitare l'ingresso nel mondo del lavoro.
La globalizzazione dei mercati spinge sempre più i paesi industrializzati ad interrogarsi sull'efficacia delle politiche atte a "migliorare la produttività attraverso l'istruzione" (OCSE, 1997).
L'ottica di questa Organizzazione internazionale è fortemente orientata allo sviluppo economico e occupazionale dei Paesi membri ed è quindi evidente che l'attenzione è principalmente volta al confronto dei sistemi educativi soprattutto sotto il profilo delle risorse umane e finanziarie investite nell'istruzione e sui ritorni di questi investimenti.
Che cos'è l'istruzione per l'OCSE? E' "un investimento nelle capacità umane che può aiutare la promozione della crescita economica e l'aumento della produttività, può contribuire allo sviluppo sociale e personale, rappresentando un investimento che ha la potenzialità di ridurre le disparità sociali."
Malgrado il fatto che i 41 indicatori dell'ultima edizione della pubblicazione dell'OCSE trovino l'accordo degli esperti sul modo di misurare lo stato attuale dell'istruzione su scala internazionale si evidenzia come essi non spieghino le differenze significative tra scuole operanti in condizioni socio-economiche simili: il fattore umano (insegnanti motivati, studenti messi in condizione di sviluppare le loro doti, direttori didattici e presidi con il coraggio dell'innovazione, una guida entusiastica e creativa nella metodologia didattica, un clima scolastico e sociale in grado di favorire la cooperazione e l'apprendimento) gioca un ruolo centrale e spiega il perchè alcune scuole raggiungono livelli più alti rispetto ad altre.
Lo scenario europeo verso il quale i vari Paesi che aderiscono all'Unione guardano (si spera non solo per mettere al sicuro le loro economie sotto il grande ombrello comunitario dell'Euro, la moneta unica europea) prefigura grandi trasformazioni non solo economiche ma culturali e quindi educative.
Restano quindi quanto mai attuali i due rapporti (pubblicati nel 1996 da parte dell'UNESCO e dalla Commissione europea) che delineano gli scenari dell'educazione per il prossimo secolo e che, seppur con prospettive diverse, ne evidenziano l'importanza per l'uomo del domani.
Nel rapporto dell'UNESCO il concetto centrale che viene più volte ribadito è quello di una "educazione nel corso di tutta la vita": educazione quindi vista non più come momento separato da altri momenti della vita dell'uomo (lavoro, tempo libero, pensionamento) ma come presa di coscienza del continuum della vita.
L'ottica mondiale in cui si muove l'UNESCO (e in particolare la Commissione internazionale sull'educazione per il XXI secolo, che ha redatto il rapporto) si è spesso scontrata con i localismi e le frammentazioni culturali dei vari paesi, con tutte le difficoltà che comporta la presenza di situazioni, concezioni dell'educazione e modalità di organizzazione del sistema educativo estremamente diversificate tra una nazione e l'altra e spesso anche all'interno di ognuna di queste.
Su cosa si fonda quindi l'educazione per l'UNESCO? Essenzialmente su quattro pilastri:
-) imparare a conoscere, cioè sviluppare le capacità di apprendimento insite in ognuno di noi;
-) imparare a fare, che non è solo acquisire teoria ma saperla coniugare con una pratica reale;
-) imparare a essere, forse l'obiettivo più difficile: scoprire la dignità che è in noi, la consapevolezza del valore della propria unicità;
-) imparare a vivere insieme, affermando insieme "il diritto alla differenza e l'apertura sull'universale, sulla base sulla solidarietà intellettuale e morale dell'umanità". 

Il passaggio da una visione così globale ("utopica, forse - dice Jacques Delors, presidente della Commissione che ha stilato questo documento - ma necessaria: un'utopia vitale") alla realtà locale, riporta quasi inevitabilmente il discorso ai legami tra formazione ed occupazione.
Il Libro bianco della Commissione europea "Insegnare e apprendere - Verso una società conoscitiva" si apre con questo interrogativo: come favorire l'adattamento del giovane europeo alle variabili condizioni di accesso all'occupazione e all'evoluzione del lavoro?
La risposta secondo la Commissione sta nella valorizzazione dell'istruzione e della formazione acquisite all'interno del sistema d'istruzione tradizionale (la scuola), dell'impresa o in maniera più informale. L'enfasi data a questa "società conoscitiva" non dimentica (per fortuna!) che questa "dovrà essere anche una società di giustizia e di progresso, fondata sulla propria ricchezza e diversità culturale" sebbene ci sembri che la prospettiva per le nuove generazioni si limiti ad un doversi adattare al processo di evoluzione della società caratterizzato da tre capisaldi trainanti:
-) la società dell'informazione;
-) la mondializzazione dell'economia;
-) la civiltà scientifica e tecnica.
Secondo il Libro bianco le risposte a questa situazione (e, guarda caso, alla domanda che inizialmente ci eravamo posti: "A che serve la scuola?") sono:
a) accedere alla cultura generale;
b) lo sviluppo dell'attitudine al lavoro;
c) lo sviluppo personale.
Nel Rapporto si ribadisce in più punti che "la posizione di ciascuno nello spazio del sapere e della competenza sarà decisiva per la propria vita e per quella della comunità d'appartenenza" : tutto ciò comporterà per la scuola una serie di cambiamenti per potersi collocare in questo "spazio" sempre più occupato da altre agenzie di formazione e di saperi informali (televisione, computer, internet, mondo del consumo).

 


Riforma dei saperi e controriforma dei cattedratici

Di fronte all'evoluzione economica, sociale e culturale in atto la scuola deve rinnovare finalità, contenuti e metodologie: un compito enorme che opportunamente deve nascere da un dibattito il più ampio possibile ma poi deve concretizzarsi in un progetto che, per quanto articolato, non perda di vista il generale.
A livello nazionale il Ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Berlinguer, ha nominato una Commissione tecnico-scientifica con l'incarico di individuare "le conoscenze fondamentali su cui si baserà l'apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni", meglio conosciuta come "Commissione dei Saggi".
Tra metà gennaio e metà maggio 1997, la Commissione ha prodotto oltre 500 cartelle tra contributi individuali, verbali, documento comune, relazione di sintesi e relativi materiali preparatori (Commissione dei Saggi, 1997) producendo così una serie di documenti intorno ai quali si è aperto un intenso dibattito tra operatori scolastici e tra scuola e società.
Il passo successivo è stato l'avvio del cammino parlamentare per la definizione normativa del nuovo disegno complessivo del sistema scolastico italiano, cammino che certamente non sarà facile né breve, dati i conflitti ideologici che ancora caratterizzano il dibattito culturale su alcuni temi (parità tra scuola pubblica e privata, autonomia scolastica, prolungamento dell'obbligo scolastico e riordino dei cicli) e il rischio del "voto di scambio" (paventato, nel suo intervento al Convegno, dall'onorevole Nando Dalla Chiesa, membro della Commissione Cultura della Camera).
Come ogni altra grande riforma (si pensi alle difficoltà di dare pratica attuazione alla legge "Bassanini") il riordino di un intero sistema statuale innesca la difesa delle posizioni acquisite e delle mentalità che ne sono alla base.
La discussione sui saperi da considerare assolutamente irrinunciabili per ogni tipo, per ogni modello di scuola metterà in crisi l'attuale sistema educativo ed universitario ma questo sarà, probabilmente, il primo passo di una riforma più globale che interesserà tutto il sistema educativo europeo, ha affermato il prof. Roberto Maragliano, Coordinatore della Commissione istituita dal Ministro Berlinguer.
In particolare le resistenze più tenaci saranno quelle del mondo accademico, ancora fermo ad una visione del sapere strettamente compartimentato in discipline (qualcuno lo ha definito "feudalesimo del sapere"): un esempio lampante lo si può già intravedere nei provvedimenti attuativi delle Scuole di formazione dei docenti a livello universitario. Mentre i criteri per la formazione dei formatori promulgati a livello centrale dal Ministero erano caratterizzati da indirizzi di massima che in qualche maniera tenevano conto dell'esigenza di "non parcellizzare" il sapere, nel momento attuativo della strutturazione dei corsi a livello accademico si è assistito ad una rigida divisione in discipline, probabilmente più consona a soddisfare esigenze meno nobili, di "parcella"…


Luci ed ombre dei saperi verdi

Principio informatore del convegno era il richiamo al sapere intorno alla "casa" che tutti abitiamo: Gaia, il nostro pianeta.
Partendo dalle emergenze del pianeta e dalla necessità di rendere i sistemi formativi (attraverso una riorganizzazione dell'intero arco delle discipline scolastiche) in grado di preparare i giovani a capire e migliorare il mondo in trasformazione si può infatti aiutarli anche a vivere una cittadinanza piena, responsabile e attiva.
In campo educativo parlare di ecologia o di ambiente significa infatti sempre più evocare quel approccio interdisciplinare così difficile da realizzare ma conditio sine qua non per realizzare il fine dell'educazione: fornire strumenti e conoscenze per costruire a livello individuale il proprio progetto di vita nel rispetto di quello degli altri.
A livello nazionale la trasformazione dell'intero sistema scolastico che si profila (la maggiore dal 1923) potrebbe rappresentare l'occasione giusta per inserire i "nuovi saperi", tra cui quello ecologico che rappresenta uno dei paradigmi più ampi e stimolanti, nel bagaglio culturale delle nuove generazioni.
Il panorama europeo dell'educazione ambientale presentato durante la seconda sessione del Convegno - cui hanno partecipato il prof. David Hicks, del Bath College of Higher Education (GB), la prof.ssa Margit Leuthold, docente di Educazione ambientale presso l'Istituto di Scienze della Formazione dell'Università di Vienna, il prof. Claudio Longo dell'Università di Milano, il prof. Alberto Pardo, esperto del Ministero dell'Educazione spagnolo in educazione ambientale per l'Unione europea, e il prof. Christian Souchon, direttore del Gruppo di Didattica di Scienze sperimentali francese - evidenzia luci ed ombre.
Luci sono la presenza in questi Paesi di una diffusa coscienza dei problemi ambientali acquisita grazie anche al prezioso lavoro di base svolto dagli insegnanti della scuola primaria: in questa fase del percorso scolastico è possibile ancora inserire nel curriculum formativo dei bambini saperi "trasversali" (quali l'educazione ambientale, l'educazione alla sostenibilità, l'educazione alla pace, l'educazione al consumo, l'educazione alla cittadinanza, l'educazione al rischio, l'educazione allo spirito critico, l'educazione alla mondialità).
Ombre sono la mancanza della trattazione di queste stesse tematiche a livello di scuola secondaria e, successivamente, a livello universitario dovuto alla netta separazione disciplinare vigente a questi livelli scolastici e il complesso nodo della interdisciplinarità, per il cui approfondimento mancano fondi e volontà "politica" a livello accademico.
Un esempio positivo di quanto un approccio interdisciplinare possa fornire un paradigma stimolante per gli scienziati e capace di fornire valide spiegazioni a complessi fenomeni naturali che normalmente analizziamo utilizzando tuttalpiù la sommatoria di più discipline (dalla fisica alla climatologia, dalla chimica, alla biochimica, alla biologia, dall'ecologia all'oceanografia, alla geologia, dalla teoria dell'evoluzione alla nutrizione, all'agricoltura, all'economia e alla politica economica) è stato quello offertoci dall'interpretazione dell'aumento della concentrazione dell'anidride carbonica datoci dalla lezione magistrale del prof.Tyler Volk, docente di biologia alla New York University e autore del volume "Il corpo di Gaia".


Conclusioni

L'amplia e diversificata gamma dei nuovi saperi trova in realtà le sue radici in documenti storici piuttosto datati ma che esprimono ancora tutta la chiarezza programmatica di una umanità illuminata che intuiva con chiarezza il cammino da percorrere.
La Dichiarazione dell'ONU sull'ambiente umano (Stoccolma, 1972), la Carta di Bruges - Dichiarazione di principio sui problemi dell'ambiente del Consiglio dei Comuni d'Europa (Bruges, 1974), la Dichiarazione finale della Conferenza mondiale sull'Educazione ambientale di Tbilisi del 1977 (UNESCO/UNEP,1987a) e il Documento conclusivo del Congresso Internazionale sullo stesso argomento celebrato a Mosca dieci anni dopo (UNESCO/UNEP, 1987b) ponevano l'accento soprattutto sui valori e sulle finalità da raggiungere.


Bibliografia

UNESCO (1996): "L'education: un trésor est caché dedans", Odile Jacob, Paris.
Commissione europea (1996): "Insegnare e apprendere - Verso una società conoscitiva".
OCSE (1997): "Uno sguardo sull'educazione. Gli indicatori internazionali dell'istruzione".
OCSE (1998): "Esami delle politiche nazionali dell'istruzione. Italia", Armando Editore.
Commissione dei Saggi (1997): "Le conoscenze fondamentali per l'apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni", Rivista "Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione", n. 78, Le Monnier. (Alla pubblicazione è allegato anche un dischetto contenente l'ipertesto)
UNESCO/UNEP (1987a): "Dichiarazione di Tbilisi" in "Connexion - Bulletin de l'education relative à l'environnement", vol. XIII, n. 3.
UNESCO/UNEP (1987b): "Documento conclusivo" in "Connexion - Bulletin de l'education relative à l'environnement", vol. XIII, n. 3

 

 

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