COOPERARE PER L’AMBIENTE

Agronomo – Direttore di Cultura e Natura - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. email Autore

 

Verso l’attuazione di un Diritto, di una Cultura, di un’Educazione utile alla salute dell’uomo e dell’ambiente: una grande sfida per l’Italia del XXI secolo


“L’ambiente deve essere protetto col più ampio consenso e con una crescente consapevolezza di tutti i cittadini ; dall’ambiente dipendono sempre più la salute e la qualità della vita di ciascun cittadino, ma anche la possibilità di uno sviluppo reale e duraturo”.

 Con queste parole il Ministro dell’Ambiente introduce la Sintesi della III Relazione sullo stato dell’ambiente (1996), un documento che offre un quadro conoscitivo sintetico della situazione ambientale in Italia e che, oltretutto, esce a dieci anni dall’istituzione del Ministero dell’Ambiente.

Il bilancio della politica ambientale italiana di questo ultimo decennio mostra, accanto a elementi positivi, tutta una serie di elementi di grave problematicità :

  • una legislazione complessa, stratificata, spesso contraddittoria ;

  • una scarsa efficacia attuativi di tali norme sul piano amministrativo e giudiziario ;

  • inefficienza dei controlli attuati dalla pubblica amministrazione ;

  • l’esistenza di un sistema di corruzione che ha lucrato su progettazioni e realizzazioni d’opere ad alto impatto ambientale ;

  • una fitta rete di criminalità organizzata che ha prosperato in assenza di una forte presenza delle Istituzioni ;

  • difficoltà economiche e finanziarie che hanno limitato gli investimenti pubblici e privati nel settore ambientale ;

  • i problemi legati ai conflitti con i lavoratori a difesa dei posti di lavoro in aree ad alto rischio industriale ;

  • la pressoché totale assenza di un reale coordinamento con gli altri Ministeri interessati al governo e alla salute del territorio .

 

Da queste considerazioni emerge (paradossalmente proprio in Italia, Paese che dai beni culturali e ambientali trae tanta parte del proprio benessere economico!) la mancanza di una “cultura dell’ambiente”  capace di integrare anziché conflittualizzare le apparenti antinomie ambiente/sviluppo sociale, tutela giuridica/interessi economici,  Stato/Istituzioni locali.
Le cause di questo “handicap culturale” sono certamente molteplici : esso risente certamente di mali comuni all’insieme del sistema politico e partecipativo dei cittadini alla gestione della nostra appena cinquantenne “res publica” ma è necessario che esso non si trasformi in una specie di malattia ereditaria, trasmessa alle nuove generazioni alle soglie del Terzo millennio.
Il quadro globale della situazione spinge dunque ad una serie di riflessioni che dovrebbero servire soprattutto da stimolo a riconsiderare, costruttivamente, le finalità ed il ruolo che la tutela dell’ambiente deve avere in un Paese che si ritiene “culla di civiltà” più che millenaria.
Al di là delle giustificazioni legate alle ridotte dimensioni dell’apparato ministeriale, allo squilibrio tra competenze e funzioni sempre maggiori che è chiamato a svolgere, alle sue insufficienti dotazioni di organico e di finanziamenti, l’Istituzione centrale dello Stato in questo ambito ha bisogno di  fare chiarezza soprattutto sugli obiettivi principali per avviare una nuova politica ambientale di Governo.
Qualità dell’acqua dei fiumi, dissesto idrogeologico, rifiuti, inquinamento da traffico nelle grandi città sono le quattro frontiere che l’attuale titolare del Dicastero segnala come “prioritarie”.
Ma come affrontarle sperando in un qualche successo se non si rimuovono a monte le cause su accennate che hanno, di fatto, limitato e talvolta del tutto impedito l’azione di governo  in tutti questi anni ?

  

Prospettive di realizzazione del “Diritto all’ambiente”

 In questi ultimi trent’anni si è verificata un’enorme crescita di sensibilità e di interesse per i gravi problemi posti dalla manipolazione della natura da parte dell’uomo, sia per effetto di un miglioramento delle conoscenze scientifiche al riguardo sia per l’evoluzione delle concezioni sul rapporto uomo/ambiente con le rilevanti implicazioni che esse hanno comportato anche sul piano normativo.
Il diritto all’ambiente rientra a tutti gli effetti tra i diritti umani fondamentali, così come espresso, in primo luogo, nella dichiarazione finale della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente (Stoccolma, 1972) e ribadito dal rapporto alla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, creata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1983: da allora numerosi Stati hanno introdotto, nelle loro costituzioni o legislazioni, il riconoscimento del diritto ad un ambiente adeguato e l’obbligo per lo Stato di proteggerlo.
Con la Conferenza mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (Rio de Janeiro, 1992) - che ha visto riuniti Capi di Stato e di governo di 183 Paesi - più che diritto l’ambiente diventa un dovere dell’uomo, al quale corrisponde quello che nella sostanza potremmo chiamare il “diritto” della natura ad essere considerata e protetta nel quadro di un equilibrio generale uomo/natura, requisito fondamentale per la sopravvivenza di entrambi e del progresso e sviluppo umano.
Si è giunti così - almeno formalmente, finora - a sostanziare in precisi fondamenti giuridici il lungo dibattito sull’etica della responsabilità dell’uomo verso la natura.
Ma fino a che punto le leggi e l’azione di uno Stato riescono da sole a realizzare un effettiva tutela dell’ambiente a beneficio dei suoi cittadini ?
In una ricerca triennale, realizzata  per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal Dipartimento di Ecologia del CEU, in collaborazione con il Dip.to di Scienze Giuridiche e Diritti Umani, dedicata all'analisi ed alla comparazione tra lo stato dell'ambiente in Italia e la legislazione nazionale in materia (C.E.U., 1992) sono chiaramente emersi i limiti di un sistema informativo e normativo che non genera motivazioni alla partecipazione nell’individuo e che figura spesso ai margini della programmazione dello sviluppo del Paese, salvo poi riscoprirne la centralità nel momento delle emergenze e dei disastri “naturali”, inevitabile conseguenza di questa incuria individuale e sociale.
A questo proposito l’ultima Relazione sullo stato dell’ambiente del Ministero segnala “la scarsissima attenzione da parte dei media sugli argomenti ambientali (solo lo 0,1% di tutte le ore di trasmissione) spesso solo in occasione di catastrofi .
Ritornando alla nostra ricerca per il CNR, in essa si evidenziava lo scollamento esistente spesso tra normativa e realtà oggettiva, la scarsa capacità da parte dell'ordinamento statuale di concretizzare in un effettiva azione di tutela ambientale e di prevenzione una pletora di leggi non coordinate e, talvolta, in stridente contrasto fra loro.
Nella parte conclusiva e propositiva, infine, veniva sottolineata l'importanza di una corretta impostazione dell'educazione ambientale, intesa come strumento di formazione di una coscienza ambientale motivante al rispetto delle norme naturali e giuridiche.

 

Verso una Scienza e una Coscienza della Vita

 Sensibilità ambientale e studio dell’ambiente e delle sue capacità autoregolative sono al tempo stesso frutto di una evoluzione culturale (scientifica e tecnologica) e motore di una trasformazione sociale e produttiva fin qui attuata, come abbiamo già detto, per lo più per necessità (sotto la spinta delle emergenze: Seveso, Bhopal, Chernobyl, per citarne solo alcune).
L’esperienza fin qui accumulata dovrebbe spingerci invece ad una precisa scelta di voler imboccare la strada di una evoluzione cosciente dell’umanità tutta, nel rispetto dell’ambiente da cui essa (volente o nolente) dipende per l’alimentazione, la salute, l’energia, la vita.
Ma per scegliere bisogna conoscere ed è quindi necessario approfondire le conoscenze da un punto di vista scientifico sia sull’ambiente e la sua fisiologia (per prevenirne la patologia) sia sull’uomo, sui meccanismi neuropsicologici che spingono a comportamenti distruttivi nei confronti delle risorse naturali.
Le problematiche derivate dalla manipolazione dell’ambiente da parte dell’uomo, in effetti, dovrebbero essere analizzate innanzitutto sotto il profilo della “manipolazione delle informazioni” che pilotano l’opinione pubblica verso l’accoglimento o il rifiuto delle trasformazioni ambientali, spesso solo in base a fattori emotivi.
Per poter quindi realizzare concretamente nelle società di tutto il mondo quel Diritto all’ambiente, ormai sancito a livello internazionale, è necessario ribadire fortemente la necessità di una realizzare programmi educativi che rendano consapevole l’individuo dei meccanismi cerebrali che determinano i nostri comportamenti, per far si che le nostre scelte siano veramente nostre e non dettate da condizionamenti altrui.
Una educazione scientifica integrata alla vita, ispirata a valori universali, siamo certi potrebbe offrire orizzonti nuovi al Paese non solo per attuare una effettiva tutela ambientale ma utili anche ad una Scuola in molti casi avulsa dalla realtà storica e territoriale, incapace ormai di seguirne il dinamismo e di coinvolgere i giovani su temi e problemi utili alla loro crescita culturale e individuale.

 

Cooperare per una “Cultura dell’ambiente”

In effetti ci sembra necessario rimarcare la necessità di un impegno più incisivo proprio in quel settore cui accennava il Ministro dell’Ambiente nell’Introduzione alla Relazione sullo Stato dell’Ambiente in Italia 1996 : investendo cioè “nella consapevolezza di tutti i cittadini. “
Trattasi certo di “investimento a lungo termine”, che poco si confà agli interessi politici “a breve” che hanno finora caratterizzato la scena politica italiana ma si tratterebbe sicuramente di un buon investimento, a costi assai bassi e a rendimenti costanti nel tempo.
La proliferazione “tumorale” di norme giuridiche non incentiva ma semmai ostacola il rispetto dell’ambiente, soprattutto in un momento storico in cui il rispetto delle leggi  è sempre più legato al grado di consapevolezza della loro utilità e di conseguenza alla motivazione dell’individuo e della società.
La sempre più accentuata attenzione da parte dei cittadini alla “qualità della vita” sotto il profilo del benessere individuale e sociale rappresenta un valore da coltivare nell’interesse di tutta la collettività, puntando molto soprattutto sulla prevenzione dei rischi non solo in campo ambientale ma anche in quello sanitario.
La consapevolezza degli stretti legami tra stato dell’ambiente e salute dell’uomo è stata “scoperta” solo in questi ultimi anni dalle grandi Istituzioni internazionali (OMS, 1992), sotto la spinta delle grandi emergenze planetarie e delle situazioni a livello locale, ma purtroppo l’operatività delle istituzioni a tutti i livelli (internazionale, regionale, nazionale, locale) rimane imprigionata in una separazione burocratica di funzioni, ruoli, competenze poco funzionale alla risoluzione di problemi complessi ed interfacciati quali quelli dello sviluppo demografico, economico, della povertà, della fame, della gestione delle risorse idriche, energetiche, dei grandi insediamenti urbani.
Tutti queste tematiche ambientali vedono al loro centro l’uomo, le sue capacità e la sua volontà politica di trovare delle soluzioni :  cooperare per accrescere l’evoluzione della conoscenza e della coscienza di questo “minimo comune denominatore”  dei problemi globali, può essere forse la strada giusta per risolverli.

  

Riquadro

 Le quattro grandi emergenze ambientali in Italia

(Dati tratti dalla Sintesi della III Relazione sullo stato dell’ambiente 1996 del Ministero dell’Ambiente)

 

RIFIUTI

  • Nel 1994 la produzione pro capite di rifiuti ha sfiorato i 400 kg.

  • L’87% dei rifiuti urbani va direttamente in discarica, solo il 7 % accede alla raccolta differenziata mentre negli inceneritori ne passa il 6 %.

  • Oltre 23.000 metri cubi di rifiuti radioattivi sono accumulati nei siti nazionali in cui erano stati prodotti e, nella maggior parte, devono ancora essere trattati e condizionati.

 

TRAFFICO URBANO

  • In rapporto alle emissioni totali di inquinanti prodotti dal trasporto stradale, il traffico urbano contribuisce per il 77% delle emissioni di ossido di carbonio, per il 39 % delle emissioni di anidride carbonica, per il 27% delle emissioni di ossidi di azoto, del 76% dei composti organici volatili e per il 29% delle particelle sospese totali, rendendo così assai grave lo stato dell’aria nelle grandi città.

  • Il 72% della popolazione residente in ambiente urbano è esposto a livelli di rumore ampiamente superiori ai limiti di accettabilità definiti in ambito comunitario e fissati dalla normativa vigente in Italia.

  • Nel 1994 in Italia sono stati registrati oltre 170.000 incidenti stradali con 6.578 morti e oltre 239.000 feriti : circa il 73% degli incidenti avviene nelle aree urbane.

 

INQUINAMENTO DELLE ACQUE

  • Il 30 % degli scarichi non ha alcuna depurazione e soltanto il 39% della popolazione usufruisce di una depurazione in grado di abbattere anche nitrati e fosfati.

  • L’inquinamento chimico raggiunge le maggiori concentrazioni nel bacino padano, in relazione all’intenso sfruttamento agrozootecnico del suolo, all’elevata concentrazione di impianti industriali e all’inurbamento : l’80% dei casi di inquinamento di origine industriale è concentrato in questa area. 

 

DISSESTO DEL TERRITORIO

  •  Solo il 20% del territorio italiano (circa 60.000 kmq) può essere considerato significatamente non modificato dall’uomo.
  • Per quanto riguarda la conoscenza del territorio e il suo controllo, le strutture tecniche dello Stato contano al 1995 solo su 427 dipendenti.

  • Si spende, per interventi straordinari di emergenza, 5-6 volte almeno quello che si spende per la prevenzione ordinaria.

 

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